Tratto da:

Rosalba's BLOG

Australia 2005

Storyboard semiserio tra pettegolezzi,
riflessioni, fatti strani e altro...

===============================================================================

Torino-Kuala Lumpur-Melbourne 20-21 settembre 2005, Equinozio di Autunno.

L'avventura è iniziata. Ce ne siamo accorti solo a Fiumicino, quando ci siamo lasciati alle spalle l'esercito dei pendolari e ci siamo imbarcati per Kuala Lumpur con la Malaysia Airlines. A quel punto abbiamo realizzato che stavamo davvero andando in Australia.
Il viaggio era iniziato all'alba dopo i saluti strazianti mescolati a fusa di addio di Michelle e Maya che avevano capito che sarei stata via un bel po'. Ai controlli della dogana di Caselle siamo subito diventati l'attrazione del giorno per via degli oggetti strani e sospetti che portavamo: Giancarlo aveva in valigia dei tubi di acciaio forati, forse armi sconosciute? Luca si portava dietro come bagaglio a mano una valigetta da killer e il suo aspetto (vestito nero, occhiali neri) non aiutava. Andrea era abbracciato ad una strana custodia a forma di mandolino con l'aria di chi dice: se me lo toccate vi sparo. E le parlava (alla custodia) per tranquillizzarla.
Appurato che i pericolosi terroristi altro non erano che un gruppo musicale, e che gli oggetti misteriosi erano cornamusa, flauti, bouzuki e mazzette per tamburi, a quel punto si è scatenata la curiosità delle forze dell'ordine e dei presenti: dove andate? Australia? Eh beati voi! Posso venire anch'io? Le solite cose che ci sentiamo dire da un po' di tempo a questa parte. Il sottofondo musicale in quel momento era "Hit the road, Jack", cosa che rendeva ancor più surreale la scena.
Come dio, o chi per esso, ha voluto siamo riusciti a partire senza grossi contrattempi a parte il biglietto di Luca dimenticato sull'auto di Gianluca, le strade sbagliate (se non riusciamo ad imbroccare l'uscita per l'aeroporto di Caselle, che cosa succederà a Sydney?) e pure l'impiegata che al check-in ci ha dato indicazioni errate sul volo e si è messa a litigare con un collega perché non riuscivano a mettersi d'accordo sulla risposta da darci.
Nonostante tutto questo, io, i miei compagni e Vincent, the interpreter al nostro seguito (non che ne abbiamo bisogno, ma il nostro promoter ha tanto insistito...), stiamo viaggiando a 10.000 metri di altezza verso l'ignoto che ci attende. Destinazione: Kuala Lumpur e poi Melbourne.
Viaggiare in aereo mi produce sempre una strana sensazione. Vedo il pianeta là sotto e comincio a fantasticare. Penso a quando ci saranno i viaggi interstellari, mi viene da pensare agli astronauti, mi chiedo che cosa provino nell'immensità dello spazio e che effetto faccia rientrare nell'angusta atmosfera terrestre.
Viaggiare verso una terra che sta agli antipodi, per giunta in un altro emisfero, dà un po' la sensazione di andare su un altro pianeta. Il giorno e la notte non seguono più le solite regole, stiamo viaggiando da una quindicina di ore e abbiamo già visto una notte, un'alba e un tramonto. Ormai abbiamo perso la cognizione del tempo e delle convenzioni legate ai ritmi giornalieri. Questa volta non ho tenuto fede alla mia solita regola secondo cui quando volo non mangio e non dormo per non patire il jet-lag. Questa volta invece ho seguito la filosofia di alcuni miei compagni di viaggio: abbuffarsi, sempre e comunque, e la mia regola è andata a pallino: in poche ore mi sono fatta una cena, due colazioni e un brunch. La Malaysia Airlines ha una cucina vegetariana irresistibile.
Dall'alba malesiana al tramonto australiano è passato un attimo. Sarà suggestione, ma in questo emisfero il tramonto ha una luce verde... sarà il famoso raggio verde che vedono i marinai in punto di morte? Dopo due giorni e due notti senza sonno comincio a delirare e avere le allucinazioni...
Ci siamo. Stiamo atterrando a Melbourne. Al prossimo bollettino.

=======================================================================

Melbourne, 22 settembre 2005

Roberto e Nadia sono stati magnifici nel farci trovare una situazione comoda e con tutti i comfort.
Dalla stanchezza del viaggio siamo passati all'ebbrezza del vino australiano. All'aeroporto Roberto ci aspettava con Nadia e Jasmine e un bel pulmino apposta per noi. La mia prima impressone di Melbourne, se pur con il buio e la stanchezza, è stata favorevole: pur essendo una mega-metropoli, è molto soft e c'è un'aria rilassata. Non c'è delinquenza, tutti lasciano tutto aperto. Il sistema di controllo del governo australiano assicura questi vantaggi. La polizia qui è peggio di quella americana, ma ti reprime con il sorriso garbato.
In un attimo ci siamo trovati nei nostri accoglienti appartamentini e in una manciata di minuti Luca distribuiva piatti di pasta al pomodoro e Roby riempiva i bicchieri di ottimo chardonnay australiano.
Ma il nostro promoter era lì in agguato: mica siamo qui per divertirci! Dopo averci lasciato rifocillare ci ha messi al corrente dell'agenda. Una promozione proprio niente male! I prossimi giorni li passeremo tra interviste radio e giornali. La cosa allucinante è che qui la bagnacaoda è considerata dai giornalisti una cosa trendy! Mi vogliono organizzare una conferenza stampa a base di bagnacaoda... Io ODIO la bagnacaoda. E poi sono vegetariana, e non mi si venga a dire che le acciughe sono alghe... Ma il promoter ha pensato a tutto: sarà una bagnacaoda vegetariana, mannaggia a lui!
Oggi, ancora allucinati dal viaggio e con il giorno di riposo che Roby ci ha concesso, non abbiamo resistito a dare un'occhiata all'Australia che si trovava proprio lì fuori dalla nostra finestra.
Sensazione strana. La zona dove stiamo sembra un po' Londra, un po' Tucson, un po' Scozia, tutto mescolato insieme. Ma con un ché di alieno. Sembra un paesaggio familiare, molto europeo, se non fosse per quegli uccelli che fanno un vero stranissimo e che ricordano che siamo dall'altra parte del mondo.
Gli australiani sono persone gentili e sempre pronte ad aiutarti. Tutto qui è pulito e organizzato nei minimi particolari. Ma anche qui la solita nota stonata che a noi salta subito all'occhio: non c'è traccia dei "veri" australiani, come del resto succede anche in America. Qui però è molto peggio, i Nativi oltre che invisibili sono "feccia" non solo per autorità ma anche nei luoghi comuni degli abitanti. Non sarà facile superare l'ostacolo della disinformazione, ma ci proveremo.
L'aria che tira qui l'abbiamo già respirata fin dall'Italia: gli sponsor australiani hanno chiesto preventivamente il testo delle conferenze e addirittura i testi delle canzoni. Temevano di avere grane con il governo nel caso di tematiche sovversive. E ci hanno consigliato caldamente di evitare di parlare dei Nativi australiani. Sarà dura. Siamo qui per dire la nostra e vogliamo lasciare il segno. Non so proprio come faremo a seguire il consiglio...

=======================================================================

Melbourne, 23 settembre 2005

In questo mondo capovolto, dove qui al sud del continente fa un freschetto d'alta montagna, dove anche le porte si aprono all'incontrario, si sta lentamente scivolando verso l'estate. I giorni si allungano, l'aria diventa tiepida e questo processo naturale sulla nostra dimensione psicofisica di europei che si stavano preparando all'inverno ha un effetto un po' da sballo. Per la verità oggi l'inverno ha dato un ultimo colpo di coda e tira un'aria gelida, ma so già che a Sydney la rimpiangerò.
In questi giorni che ancora ci separano dall'inevitabile ciclone che si sta abbattendo su di noi, volutamente non facciamo niente di speciale, proprio per assaporare l'aria di questo nuovo pianeta, senza aspettative o gite turistiche scontate. E' già talmente speciale essere qui... E l'effetto comincia a manifestarsi.
Oggi una piacevole sensazione ha preso il posto della stanchezza precedente. La sensazione di percepire Gaia, il pianeta. Non l'Australia, non la cultura che ricopre il continente, non gli edifici o la vegetazione: il pianeta. In alcuni posti particolari, come l'Arizona, mi era già successo qualcosa di analogo. La sensazione di essere accarezzati, coccolati, accolti e pervasi da un senso di benessere. Di percepire la forza tellurica del pianeta. Sarà per via del fatto che la colonizzazione è ancora giovane e recente? Sarà perché la popolazione australiana abita solo una minima parte del territorio? Sta di fatto che mi sembra che qui la forza del pianeta si manifesti in maniera più potente e percepibile che in altri posti.
Sull'aspetto culturale degli australiani, una nota curiosa: l'esobiologia è una materia molto sentita e seguita. Mangiano pane e Ufo, leggono giornali scientifici che trattano astronomia ed esobiologia, insomma sono aperti e interessati alla vita extraterrestre, senza i pregiudizi a cui siamo tristemente abituati in Italia.
E a proposito di giornali, cominciano a parlare di noi: oggi abbiamo avuto la sorpresa di vederci pubblicati su un quotidiano nazionale australiano in lingua italiana, molto seguito: Il Globo. Quando abbiamo visto il paginone con la nostra foto e quella di Roberto, ci siamo messi ad applaudire in una strada affollata di Melbourne. E gli australiani che passavano, gente gioviale e partecipativa, hanno applaudito insieme a noi senza avere idea del perché.
Stanotte è arrivato anche Antonio, il nostro sound engineer. Ora ci siamo proprio tutti. Abbiamo fatto un piano di battaglia per gestire gli eventi: conferenza e concerto all'Università di Melbourne e subito dopo, tre giorni di concerti e conferenze a Sydney. Il tutto nello spazio di sei giorni. Da lunedì si balla: sopralluoghi, check strumenti, interviste, materiale per gli stand, locandinaggi, prove...
We are ready.

=======================================================================

Melbourne, 25 settembre 2005

Siamo qui solo da quattro giorni eppure abbiamo l'impressione di essere qui da un tempo infinito.
Lo spazio è legato al tempo, e viaggiare verso una terra così lontana produce inevitabilmente un cambiamento nella percezione del tempo. Ci si trova a vivere in una dimensione Wishi-Woshi, come dicono qui, in un chiaro-scuro in cui non c'è più confine tra sogno e realtà.
L'Australia è una terra particolare; i miti dei Nativi sembrano fare capolino anche in mezzo alle cose più ovvie del quotidiano e il Tempo del Sogno sembra svelarsi poco a poco, aspettando solo che siamo abbastanza lucidi per potersi svelare del tutto.
La quiete prima della tempesta. Sappiamo che da domani non avremo più un attimo di respiro e così oggi ci siamo concessi una bella escursione alla ricerca di... canguri. Che Australia è senza canguri?
Con il nostro pulmino abbiamo seguito Roberto e Nadia che ci hanno fatto strada verso la Great Ocean Road alla ricerca di canguri da fotografare, percorrendo una strada che costeggiava l'oceano, e facendo tappa presso simpatici amici italo-australiani, curiosissimi su tutte le cose che facciamo.
L'incontro con i canguri è stato magico ed entusiasmante. Era come un incontro ravvicinato del terzo tipo. Così diversi eppure uniti a noi dalla comune coabitazione sul pianeta. Alieni. Alieni tranquillissimi che dividevano un campo da golf con degli umani, rispettandosi a vicenda.
Al ritorno, cullati dalla musica di Beyond the horizon, abbiamo assistito ad un tramonto come ne ho visti solo in Arizona. Ma quello che mi ha colpito di più è stato il cielo stellato. Abituata da sempre a vedere la stessa volta stellata, con le medesime costellazioni, con le stelle posizionate sempre nello stesso modo, è stato choccante vedere un cielo stellato che non aveva più nessun riscontro con quello conosciuto.
Le stelle qui sono tantissime, ammassate in maniera caotica, irriconoscibili. Sembra di essere sull'Enterprise ad osservare un cielo di un pianeta sconosciuto.
L'imponenza del paesaggio riesce a zittire perfino Antonio, che da quando è qui ha diminuito considerevolmente la sua dose di battute quotidiane.
Rientrando in Melbourne, abbiamo finalmente assistito dal vivo a una scena che si vede sempre nei film: la prova del palloncino. Gianluca, alla guida, è stato sottoposto al test, che per fortuna è risultato negativo. Come per reazione ci siamo subito fiondati in un supermercato a far rifornimento di birra, vino e aperitivi, che abbiamo cominciato a consumare appena arrivati a casa.

=======================================================================

Melbourne, 27 settembre 2005

Il nostro Promoter, che noi chiamiamo Mummy, oltre che farci trovare belle cucce comode e buona pappa sta facendo un grande lavoro di promozione e ci fa conoscere il mondo dei media australiani.
L'esperienza con le radio australiane è stata divertente. SBS è una emittente statale, tipo la nostra RAI, che copre tutta l'Australia. Grattacielo nella City, ambiente tecnologicamente molto avanzato, grandi studios super attrezzati come alla RAI. Ma la somiglianza finisce qui. Giornalisti, registi, impiegati sono rilassati, amichevoli e gentili. Una impiegata della reception ha addirittura improvvisato uno show quando ha saputo che eravamo musicisti, e si è messa a cantare per noi.
SBS è una radio multietnica che rappresenta tutte le comunità australiane. Siamo stati intervistati da Magica (che bel nome!) Fossati, una ragazza torinese che si è trasferita in Australia, e che si occupa della fascia dedicata alla comunità italiana. E' subito scattata una simpatia a dovuta forse ai percorsi paralleli della vita. Anche lei, come me, mai avrebbe pensato di fare la conduttrice radiofonica. E anche se la "mia" radio è molto più piccolina della "sua", l'ho invitata alla mia trasmissione in occasione del suo viaggio in Italia il prossimo dicembre. Sembra che la cosa le abbia fatto molto piacere: in Italia era una assidua ascoltatrice di Radio Flash.
In trasmissione abbiamo parlato di Graal, di ecospiritualità, di musica. Giancarlo l'espertone ha puntualizzato la differenza tra i Popoli naturali e le grandi religioni, io ho parlato del Celtismo in Italia.
Rete Italia invece è una radio privata in lingua italiana che anch'essa copre tutta l'Australia. Paragonabile a Radio Montecarlo. Ambiente più discreto, zona più tranquilla. Riccardo, il conduttore, era curioso di sapere qualcosa di più sulle radici celtiche del Piemonte e lo abbiamo accontentato raccontando in trasmissione il nostro percorso di ricerca che dal Celtismo delle nostre terre ci ha portato alla liaison con tutti i paesi celtici e di qui alla realtà planetaria dei Popoli naturali.
Entrambe le emittenti hanno passato dei brani del LabGraal e a detta di chi era in ascolto da casa è stato emozionante sentire il Lab da una radio australiana.
E' indubbio che qui un italiano non può sentirsi spaesato: ce ne sono dappertutto, in tutti i settori, e devo dire che dopo la mia iniziale diffidenza verso gli italiani all'estero (di cui ho ricordi non proprio brillanti), ho dovuto ricredermi sugli italo-australiani: sono per la maggior parte persone proiettate verso il futuro, brillanti, con la voglia di confrontarsi con la realtà in cui sono calati.
E la realtà australiana è davvero sorprendente e cangiante: ad ogni angolo c'è una prospettiva diversa e stupefacente. Abbiamo cenato al Crown, un centro commercial-cultural-musical... non so come definirlo... un complesso futurista che è una vera e propria città, dove si trovano le cose più strane, con ambienti alla Blade Runner o Strange Days o anche Gotham City. Il self service dove abbiamo cenato sembrava un bar di Star Trek, con tutte le razze umane rappresentate. Ma ovviamente niente Nativi.
E mentre il nostro viaggio si snoda, io e Giancarlo stiamo seguendo un percorso parallelo che è il nostro vero viaggio...

=======================================================================

Melbourne, 28 settembre 2005

Il primo round è andato e ce lo siamo aggiudicato. Nonostante la tempesta del secolo che si è abbattuta oggi su Melbourne (vento e pioggia a secchiate), un nutrito gruppo di australiani ha raggiunto l'Università di Melbourne per sentire la presentazione del nostro libro sui Popoli naturali.
L'operazione, organizzata impeccabilmente da Roberto, è stata condotta con la solita professionalità dagli operatori della Ecospirituality Foundation che si muovono sempre come fossero a casa loro, siano a Torino, New York o Melbourne.
Abbiamo in pratica preso possesso dell'istituto, allestendo banchetti, piazzando locandine, appendendo poster e bandiera. Divertente.
La conferenza, in inglese e italiano, è andata meglio del previsto: io sono riuscita a non impappinarmi in inglese, Giancarlo e Vince facevano un bel duetto in inglese e italiano. Roberto ha sfoderato tutto il suo inglese facendo la presentazione.
Quello che ha suscitato un grande interesse è stato l'argomento dei Nativi europei e del Celtismo in Italia. Gli intervenuti erano per la maggior parte accademici, insegnanti e storici, e non ci lasciavano più andare via per la fame che avevano di informazioni in merito.
Ma non ci siamo trattenuti dal dire la nostra sulla realtà dei Popoli naturali vissuta anche in Australia. Argomento scomodo, che però ha suscitato interesse soprattutto in diverse persone che ci hanno poi contattato per saperne di più e per proporci la loro collaborazione. Abbiamo avuto una impressione di grande interesse, curiosità e disponibilità verso le nostre ricerche.
Una nota di merito va a The Interpreter Vince che soprattutto nel lungo dibattito ha gestito con nonchalance e con padronanza dell'argomento la traduzione del confronto con il pubblico.
A seguire c'è stato un cocktail organizzato in modo perfetto da Roberto, con delle squisitezze vegetariane che mi ricorderò per molto tempo...
Ormai siamo in pieno turbinio. Stasera abbiamo fatto le prove dello spettacolo di domani arrangiandoci con gli strumenti che avevamo (gli altri arrivano domani stesso) nell'appartamento dei boys, tra un piatto di pasta e un bicchiere di vino.
Nel frattempo, i giornali parlano di noi quasi ogni giorno con articoloni e foto.
Vedremo che succederà domani.

=======================================================================

Melbourne, 30 settembre 2005

Il momento più emozionante, esaltante, sorprendente della serata è avvenuto verso la fine, durante il pezzo con il flauto di Giancarlo, Wind of freedom, quando un Nativo australiano vestito in abiti rituali e munito di didjeridu, tra la sopresa di tutti è salito sul palco e si è messo a suonare con noi.
Per la verità io ho avuto il privilegio di conoscere la sorpresa con qualche minuto di anticipo sugli altri, e così ho potuto godermi la scena della faccia stupita, direi allibita, dei miei compagni.
Ma lo stupore è durato solo qualche secondo. Con grande padronanza della situazione abbiamo improvvisato una session che solo una grande magia, palpabile in quegli attimi, poteva rendere così armonica, perfetta, entusiasmante. Sembrava che suonassimo insieme da sempre.
Ma andiamo con ordine.
La Melba Hall è un bellissimo e prestigioso auditorium inserito nel campus dell'Università di Melbourne. Mentre facevamo le solite cose pre-concerto, sound check, brindisi a base di Bordeaux e tutti i soliti riti, quello che rendeva speciale la situazione era sapere che lì fuori c'era l'Australia, che eravamo a 20.000 km. da casa, dall'altra parte del mondo.
Non ci aspettavamo una folla, eppure la folla è arrivata. Il concerto è stato un normale concerto Lab quindi (scusate l'immodestia) entusiasmante. Dopo la presentazione di Roberto, abbiamo come al solito giocato sul palco divertendoci un sacco. Giancarlo ha creato momenti struggenti leggendo le sue poesie tradotto da Jasmine, Antonio al mixer ha ottenuto come sempre ottimi suoni. Il pubblico, che è arrivato con un punto interrogativo in testa perché non sapeva cosa aspettarsi, all'inizio sembrava freddo ma poi abbiamo avuto ampia prova che era solo attento, stupito, forse anche un po' intimidito dallo scenario imponente del teatro e dalla nostra musica così particolare.
E infatti piano piano si è lasciato andare finendo poi nella solita catarsi di applausi e acclamazioni.
Ma la ciliegina sulla torta è stata la sorpresa organizzata da Roberto con la complicità della sua amica australiana Dora. E' riuscito a portarci un musicista Nativo australiano, veramente bravissimo, che suonava il didjeridu come non l'ho mai sentito suonare.
Quando è salito sul palco ed abbiamo improvvisato una session, il pubblico, già entusiasta, è andato in visibilio e non si è più tenuto.
E lì è scattata una vera magia che ha stupito anche Jida, il Nativo. Ne è scaturita una musica tribale in cui il didjeridu riportava alla voce dei Signori della Fiamma, il flauto al soffio vitale dei druidi, i tamburi al ritmo dell'universo. La chitarra, il bouzuki e la mia voce tracciavano il percorso musicale.
Jida ha anche accompagnato la mia voce con la sua ed è stato per me ancora più emozionante.
Nel ricevimento post-concerto noi Labs siamo stati letteralmente travolti da una folla di gente entusiasta che ci voleva abbracciare e fare foto con noi. Giancarlo è sparito sotto un nugolo di signore che se lo contendevano con esclamazioni ammirate, Luca è stato assalito dalle ammiratrici, io ho cercato di nascondere la mia timidezza davanti a signori e signore che mi abbracciavano facendomi complimenti imbarazzanti.
Con Jida, ancora stupito per la performance fatta insieme, abbiamo stabilito un bel rapporto basato sulla comune curiosità circa le reciproche identità, ed ora non ci resta che approfondirlo.
Tra il pubblico c'erano molte persone inserite in circuiti musicali e culturali. Le proposte sono state tante: tutti ci vogliono per altri concerti.
Ma la cosa che più mi ha colpito è stata l'apertura e la fiducia della gente: molti sono venuti a parlarci di loro stessi, a confidarci le loro storie. Un signore mi ha raccontato la sua esperienza con il suo cane, con il quale dice di condividere un rapporto spirituale. Una signora mi ha confidato che durante il concerto ha avuto una visione: ha visto e sentito la voce della sua cara sorella defunta.
E' davvero successo qualcosa, ieri sera alla Melba Hall. Ne ho avuto la conferma quando, uscendo ebbri per l'entusiasmo (e per i cocktail di Roby), un opossum ci è passato davanti saltellando allegro, come a salutarci. Anche lui faceva parte della magia.
Tra poche ore, tutto il carrozzone si trasferisce a Sydney. La magia continua.

=======================================================================

Sydney, 1 ottobre 2005

La vita è solo un sogno, ne sono perfettamente consapevole. Ma qui la sensazione di stare sognando è particolarmente spessa. Sarà per questo che i Nativi locali hanno scelto questo termine così poetico per descrivere l'intuizione dell'Invisibile? Alcheringa, il Dreaming, tradotto anche come Dreamtime. Ma Dreaming mi piace di più perché rende meglio l'idea di una dimensione sempre presente, un "sognare" che rappresenta la consapevolezza di appartenere ad una dimensione infinitamente più vasta della realtà ordinaria.
Il mio amico Leonardo Melis, appassionato ricercatore nell'ambito delle origini celtiche della Sardegna, mi ha appena scritto che per le tradizioni sarde "Sos bisos" è la visione, e "bisare" significa letteralmente "sognare", inteso come la "visione" degli aborigeni.
La vita è solo un sogno, e spesso qui abbiamo la sensazione che da un momento all'altro ci sveglieremo nelle nostre camerette e capiremo di aver sognato tutto. Ci succede nei momenti più esaltanti come durante il concerto alla Melba Hall, ma ci succede anche per momenti decisamente più comici.
Non ci crederete, ma all'aeroporto di Melbourne, in partenza per Sydney, ci siamo trovati nostro malgrado a dover improvvisare un concertino Lab in mezzo a una folla di gente in coda al check-in che batteva le mani a ritmo e che alla fine ci ha pure applaudito!
Ormai ci siamo abituati all'attenzione che si crea intorno a noi negli aeroporti appena vedono la cornamusa, il bouzuki, le mazzette dei tamburi e i flauti. I poliziotti addetti ai controlli, forse stufi di controllare mutande e calzini, non appena vedono gli strumenti si illuminano e cominciano a farci domande e battute. Ma a Melbourne è successo di peggio. L'impiegata al check-in ci ha chiesto di cantare una canzone, e alla nostra ritrosia ha minacciato di darci dei posti scomodi se non la accontentavamo. Abbiamo ceduto al ricatto ed io e Luca abbiamo intonato Les fillettes de Praly, accompagnati da Gianluca che usava una valigia come percussioni e da tutti gli altri che facevano il coro, tranne Antonio che si era nascosto e faceva finta di non conoscerci.
E' successo il finimondo. Una scena surreale. L'impiegata ha iniziato ad incitare tutti a seguirci battendo le mani e cantando anche lei. E una fila lunghissima di gente in coda si è messa a cantare con noi! C'era pure chi ballava... E alla fine del pezzo c'è stato un fragoroso applauso.
La giornata surreale si è conclusa con l'immagine di Giancarlo su un lettino di un assonnato dentista di Sydney che alle tre di notte gli risolveva il problema di un fastidioso mal di denti. Bah!

=======================================================================

Sydney 3 ottobre 2005

L'impatto con Sydney non è stato dei migliori, e non solo per la sosta imprevista dal dentista.
Abituati al clima scozzese e all'atmosfera soft di Melbourne, trovarci di colpo calati in una calura soffocante (e siamo in primavera! cosa succede qui d'estate?), in una città caotica e immensa, per giunta di venerdì sera quando notoriamente nei paesi di cultura anglosassone tutti si riversano ubriachi per le strade, non favorisce un'idea positiva del posto. E non era un week-end qualunque, ma un lungo week-end di tre giorni per via della festa nazionale di lunedì, e questo si traduceva in maggior casino, negozi chiusi, insomma non era l'ideale per farsi un'idea della città.
Il nostro albergo è in una comoda zona centrale ma noi l'abbiamo visto appena, perché siamo subito stati catapultati a Leichhardt, dove si è svolta la tre giorni del nostro Festival e dove avevamo il nostro quartier generale.
Leichhardt è un quartiere di Sydney molto accogliente e a dimensione più umana della City. E' la Little Italy di Sydney ma non fatevi l'idea di una "italietta" da pizza e mandolino. La zona è rinomata, ormai frequentata da turisti australiani di ogni provenienza, un piccolo pezzo di Europa dove si va a passare il week-end.
Al centro di Leichhardt c'è l'Italian Forum, una grande piazza con negozi e ristoranti tutto attorno, con le gradinate, i piani rialzati e le case basse con i terrazzi che danno sulla piazza. L'Italian Forum è gestito da un comitato di italo-australiani il cui obiettivo è quello di creare un polo culturale. Il progetto è ancora in elaborazione, ma ci è sembrato di capire che ci sia la voglia di uscire dal ghetto in cui gli anglosassoni tendono a relegare le altre comunità australiane, e in questo caso di uscire dallo stereotipo di una cultura italiana basata su clichet del passato, che ormai non esiste più.
Roberto ha colto questa esigenza ed ha coinvolto me, Giancarlo e il LabGraal in questa iniziativa che secondo lui poteva costituire l'occasione che il Forum stava cercando, e nel contempo essere per noi un test per valutare l'impatto della nostra musica e della nostra cultura sulla piazza australiana.
In effetti il test c'è stato ed è stato effettuato nelle condizioni più difficili che si potessero immaginare, ma possiamo dire di esserne usciti a testa alta.
Abbiamo avuto una serie infinita di difficoltà, intoppi di ogni genere, tra cui l'incidente quasi mortale capitato al proprietario del service proprio mentre stava trasportando il nostro impianto, oltre a una indisposizione di Giancarlo che ha rischiato di impedirgli di suonare, cosa che ci avrebbe gettato nel più grande sconforto, e altri migliaia di problemi.
Inoltre, solo a festival concluso siamo venuti a conoscenza di tutta una serie di fattori avversi: il lungo week-end ha svuotato Sydney, per quelli rimasti c'era un festival jazz molto rinomato a pochi km. di distanza, proprio in concomitanza con il nostro concerto principale. Ma non solo: domenica sera ha avuto luogo la "partita del secolo": un incontro di rugby con i Tiger, la squadra di Sydney per la prima volta in finale negli ultimi 40 anni. Ed hanno pure vinto, il ché ha significato che tutti quelli che prima erano incollati al televisore, subito dopo erano a fare carosello per le strade.
Ma tutto questo non è ancora niente rispetto all'opera di un innegabile boicottaggio che c'è stato nei nostri confronti.
Siamo capitati, ignari, in mezzo a varie faide che essenzialmente erano due schieramenti contrapposti: quello di chi voleva portare il Forum fuori dal ghetto culturale modellato su un'immagine dell'Italia del passato, proponendo una cultura universalistica, e chi invece voleva ostacolare questa azione con tutte le proprie forze e con ogni mezzo. Evoluzione e involuzione, sempre loro, sempre le due stesse forze contrapposte che ben conosciamo, applicate a tutti gli ambiti possibili. Possiamo anche andare in capo al mondo, ma gli archetipi sono quelli: c'è chi vuol costruire e c'è chi ostacola.
Le forze avverse si sono accanite soprattutto sui nostri concerti. Eravamo gli ospiti principali ed abbiamo suonato ogni giorno, e ogni volta la situazione è stata la stessa: Antonio doveva lavorare tenendo a bada persone che protestavano in maniera ingiustificata per la musica troppo alta e cercavano di fermare il concerto; noi eravamo sul palco ma sentivamo che c'era qualcosa che non andava; gli organizzatori erano nervosi e preoccupati. Oltre ai due schieramenti essenziali c'erano altre forze ostili in campo: c'erano italo-australiani che si indignavano di sentir accostare il celtismo alla cultura italiana, c'era perfino chi si faceva il segno della croce (giuro!), c'erano i gruppi musicali celtici australiani che avevano l'aria scandalizzata nel sentire le nostre contaminazioni rock, c'erano gli altri gruppi musicali (jazz-fusion-latino americani) che ostentatamente non ci salutavano, forse perché si sentivano invasi a casa loro (però usavano l'impianto affittato apposta per noi).
In questo bell'ambientino abbiamo suonato imperterriti, divertendoci pure, mentre le pallottole sibilavano vicino alle nostre orecchie. Ma si sa che quando il gioco si fa duro diamo il meglio di noi stessi.
Il pubblico invece sembrava gradire parecchio, i cd venduti ne sono la prova, oltre alla bottiglia di champagne regalatami da un ammiratore e ai commenti appassionati che abbiamo ricevuto ("you are magic!") e che sono proseguiti anche a manifestazione conclusa con telefonate entusiastiche agli organizzatori.
Un momento molto positivo e senza intoppi è stato quello della conferenza sul mito del Graal in Piemonte. Secondo un copione già sperimentato a Melbourne, io ho fatto la mia parte in inglese e Giancarlo in italiano tradotto da Vince. Facevano da corollario alla nostra esposizione tre professoresse universitarie del Celtic Council of Australia, le quali hanno portato avanti delle tesi che si accompagnavano bene alle nostre, e il tutto è risultato ben assemblato e armonico.
Ci ha stupito la grande affluenza di pubblico, segno che l'argomento era particolarmente sentito.
Il presidente del Forum ci ha poi detto che la nostra esposizione era per lui una grande soddisfazione, poiché offriva loro quello di cui avevano bisogno: le radici celtiche dell'Italia davano un respiro universale alla cultura italiana.
In effetti il Festival, nato da un'idea sviluppata a tavolino da Giancarlo, Roberto e me a Dreamland, voleva essere proprio quello: dare l'idea dell'universalità della cultura celtica, partendo dal celtismo in Italia e in particolare in Piemonte. Mi ha fatto molto effetto vedere l'idea realizzata sul campo, per giunta dall'altra parte del globo.
Un altro momento molto toccante è avvenuto durante la celebrazione dell'apertura ufficiale del Festival. Ha aperto i discorsi un Nativo australiano, membro del Consiglio Comunale di Leichhardt. La scelta di farlo intervenire rivela la disponibilità da parte del presidente ad aprire un dialogo con la realtà dei Nativi, e questo non può che farmi piacere. Sono poi intervenuti il presidente del Forum, il presidente del Celtic Council of Australia, Roberto in veste di sponsor della manifestazione ed io per la Ecospirituality Foundation.
Ci è stato chiesto di concludere la cerimonia di apertura con un brano del Lab ed abbiamo scelto Now westlind wind, voce, cornamusa e tastiera. E'stato molto suggestivo: nella piazza si è creato un momento di silenzio irreale, l'attenzione era tutta calamitata verso il palco.
Ora che l'esperienza è conclusa, e che abbiamo ormai i termini esatti di tutte le forze che erano in campo, posso dire che chi voleva ostacolare non c'è riuscito nonostante si sia impegnato molto. Da parte nostra, sono certa che il semino che abbiamo piantato avrà un prosieguo e penso che l'iniezione di ottimismo ed entusiasmo servirà a dare forza a chi lavora per elevare culturalmente il Forum. Uno a zero per le forze evolutive.
A livello personale posso dire che questa esperienza mi ha divertito e mi dato molto. Mi ha fatto conoscere delle persone veramente splendide, ci siamo sentiti tutti quanti circondati da affetto e attenzione. La difficoltà della situazione ha contribuito a creare un legame con le persone che hanno costruito con noi l'iniziativa stando da questa parte del mondo.
Sono emerse tante idee, progetti, proposte, collaborazioni, tutte cose da valutare con calma dopo il ciclone di questa tre giorni. Qui in Australia sembra tutto possibile: metti in pratica un'idea e se ne presentano altre cento, tutte percorribili. Se uno dovesse seguire tutte le strade aperte davanti a lui, dovrebbe trasferirsi qui, come in effetti molti fanno. Tranquille Michelle e Maya, non mi trasferisco. Ma ho validi motivi per pensare che ci tornerò.

=======================================================================

Sydney, 4 ottobre 2005

Sul Blog racconto tutto, ma non proprio tutto tutto.Anzi, molte cose non le dico. Alcune cose sono esperienze troppo intime e personali. Altre non le dico per scaramanzia. Altre ancora perché non voglio rovinare le sorprese. Non dico ad esempio quali sono i progetti che stanno nascendo qui in Australia: lo saprete quando sarà il momento.
Intanto, da Melbourne mi arrivano mail accorate di fans che chiedono quando ci sarà un altro concerto. Tutti noi abbiamo voglia di tornare nelle nostre casette di Melbourne. Sydney non è nelle nostre corde.
Oggi finalmente relax, e mentre i Boys fanno i turisti, io e Giancarlo intessiamo rapporti con i Druidi locali. Com'è piccolo il mondo...
Nel pomeriggio faccio la turista anch'io e mi "tuffo" nei posti "in" di Sydney: Opera House, Darling Harbour. La City ricorda un po' Manhattan. Ma NY mi piace di più.
Con i Boys prendiamo il traghetto e ci divertiamo un mondo a scorrazzare e a fare foto nella baia. Scenario veramente spettacolare, futurista e ardito nell'architettura, con la monorotaia che attraversa la City e l'imponente Harbour Bridge che sovrasta la baia.
Di Nativi nemmeno l'ombra, in compenso qui è pieno di negozi di souvenirs con oggetti ispirati all'arte aborigena. Didjeridu come se piovesse, dipinti, magliette e quant'altro, tutto ispirato alla tradizione dei Nativi. Oggetti che in Italia sono rarissimi e preziosi e che qui trovi in ogni angolo. E che dire degli opali? Per una come me che ha l'attrazione fatale per gli opali qui c'è da impazzire.
E la musica? I cd costano pochissimo, si trovano cd rarissimi di musicisti Nativi che fanno rock con strumenti tradizionali... come farò a resistere senza rovinarmi?

=======================================================================

Sydney, 5 ottobre 2005

Dalle note di viaggio di Giancarlo, l'Espertone:
"L'Australia si presenta come un mondo sconfinato oltre il quale sembra non ci possa essere più nulla a cui riferirsi. Un enorme vortex che ingloba e trattiene tutto e suggerisce l'idea di abitarci per sempre. L'architettura delle costruzioni e l'atteggiamento delle persone inducono l'idea di trovarsi su un pianeta gemello della Terra con qua e là delle sfasature, oppure di aver fatto un viaggio di 100 anni nel futuro. Questa è la terra del Dreaming dei Nativi australiani e noi ci troviamo ad essere ospiti sulla loro terra."
La cultura australiana ha tante anime, quante sono le comunità che la esprimono. La multietnicità è una caratteristica dell'Australia, ed è evidente la tendenza a trovare un equilibrio nel confronto culturale, che non scontenti nessuno. Ma è evidente che gli anglosassoni si muovono da padroni di casa, mentre le altre culture si sentono un po'i "parenti poveri". Sarà per questo che molti tra gli italiani che hanno preso la difficile decisione di cambiare vita e trasferirsi qui, vivono una latente nostalgia che si portano dentro nel profondo.
Non sono molti coloro che riescono davvero a voltare pagina, e questi ultimi sono quelli che vivono felici, si sentono a casa e non vogliono più sentir parlare dell'Italia, ritenendola retrograda e pericolosa.
Qui la vita è facile, il lavoro è assicurato per tutti e c'è una grande mobilità. Chi ha delle buone idee riesce senza difficoltà a fare fortuna. Il pensiero più ricorrente tra gli italo-australiani è che in Italia non serve essere bravi per avere successo, ma occorre "conoscere qualcuno", e questo è considerato normale. Mentre qui si è valutati per le proprie reali capacità.
Il sistema ha creato una comoda pantofola in cui vivere e la gente comune accetta di buon grado l'ordine costituito, senza interrogarsi troppo e vivendo uno status quo basato su valori ordinari e assolvendo al meglio ai bisogni quotidiani.
Facevo queste riflessioni passeggiando per Sydney, una città che ti stordisce con le sue bellezze naturali e artificiali e ti fa sentire al centro del mondo.
Oggi insieme ai Boys abbiamo fatto i turisti da far schifo, nemmeno i giapponesi riuscivano a stare al passo con noi. Armati di telecamere e macchine foto abbiamo girato la City in monorotaia fino al Darling Harbour, qui abbiamo preso il traghetto ed abbiamo girato per la baia fino all'Opera House, e da lì siamo andati a The Rocks, la parte più antica di Sydney. Ci siamo fatti tutti i negozi di souvenirs aborigeni comprando delle cianfrusaglie indecenti, abbiamo visitato la via degli Opali e cercato cd nativi. Divertente.
Ma sento la Terra lì sotto che mi manda dei messaggi. C'è qualcosa che dobbiamo fare e che dobbiamo ancora capire.

=======================================================================

Sydney, 6 ottobre 2005

Siamo nelle terre dei giganti. Le leggende dei Nativi narrano che il popolo dei giganti ha eretto delle grosse pietre per tutta l'Australia, e dove ci troviamo ora, nel New South Wales, ci sono ancora molte testimonianze. Stiamo gettando le basi per un nostro prossimo viaggio da queste parti, alla ricerca delle tracce dei giganti.
Ma intanto è iniziato il momento dei saluti. Antonio torna a casa, noi torniamo nelle nostre case di Melbourne, e stasera abbiamo salutato con una cena il nostro nuovo amico Nino, la persona con cui abbiamo organizzato il Festival di Sydney.
Roberto ci ha portati in un bel ristorantino a Darling Harbour con vista sulla baia dove abbiamo festeggiato con Nino i risultati del Festival appena concluso. E' stata una piacevole sorpresa scoprire quanti interessi abbiamo in comune. I progetti sono scaturiti quasi da soli ed è stato inevitabile lasciarci con la promessa di rivederci sia qui che in Italia per continuare il lavoro che abbiamo iniziato insieme.
Gli interessi in comune sono tanti: dal Celtismo alle culture dei Nativi australiani al megalitsmo fino alla meditazione. Si è parlato di aprire una sede della Ecospirituality Foundation a Sydney, si è concordata una collaborazione con la nostra rivista.
Sento che il nostro viaggio sta prendendo una piega tutta sua, con percorsi imprevisti che si snodano autonomi. Non mi chiedo dove ci porterà, non ce n'è bisogno. Basta lasciarsi andare e le cose succedono da sole.

=======================================================================

Melbourne, 9 ottobre 2005

Finalmente a casa. Le nostre confortevoli casette di Melbourne e tutto quello che ci sta attorno hanno avuto l'effetto di farci sentire nuovamente a casa dopo lo stress degli impegni e la vita caotica di Sydney.
Qui è tutto più rallentato, più soft, più accogliente. Fa anche molto più freddo ma a noi non dispiace affatto.
Melbourne è un concentrato di mondo: secondo dove vai ti trovi in Scozia o in Bretagna, in Arizona o in California.
Ci siamo concessi un po'di relax ed ho trascinato i Boys ad Albert Park per cercare il contatto con i miei amici animali, perchè sono in terribile astinenza. Qui abbiamo rimpinzato cigni, paperotti, gabbiani, anatroccoli. Sono stata un po' con loro ed ho fatto amicizia con un cigno nero dall'aria fiera. E' stato bellissimo.
Poi siamo andati a bighellonare a St. Kilda, un quartiere sull'oceano dall'aria molto nordica ma qui l'aria nordica si sente quanto più ci si avvicina al Polo Sud.
Avendo abitato per tutta la vita sull'emisfero nord di questa palla che rotea nello spazio, ora siamo un po' spiazzati dal sovvertimento di tutti i parametri conosciuti. Non riusciamo ad orientarci, facciamo confusione con i punti cardinali. Ci siamo riempiti di bussole e mappe, ma non basta: ci perdiamo continuamente.
Una nota di merito va a Gianluca che ci fa da autista e che riesce sempre a portarci a destinazione.
E visto che siamo in tema, un'altra nota di merito va al nostro interprete Vincenzino Gabi Gabi (è il suo nome d'arte qui in Australia) e a tutti i suoi fratelli gemelli. Forse sarà colpa dell'ottimo vino australiano, ma ho l'impressione che Vince abbia portato qui anche i suoi fratelli: c'è il Vince traduttore, il Vince fotografo, il Vince ballerino, il Vince standista.
E chiudo con una nota di merito all'Espertone Webmaster Giancarlo che anche qui in Australia tormento con questo blog: se potete seguire il nostro viaggio da casa lo dovete a lui.

=======================================================================

Melbourne, 10 ottobre 2005

Combinare un incontro dall'Australia tra i delegati ONU che si stanno spostando da Ginevra a Tucson e gli Apache residenti nella riserva San Carlos, non è la cosa più facile del mondo. Ma ci sono riuscita: dopodomani gli Apache e lo Special Rapporteur delle Nazioni Unite finalmente si incontreranno presso l'Università dell'Arizona. Questo incontro, su cui io e Giancarlo stiamo lavorando dallo scorso luglio, sarà un momento molto importante per la lotta in difesa di Mount Graham. Rodolfo Stavenhagen è la massima autorità delle Nazioni Unite nel campo dei diritti degli Indigenous Poeple e anche se fino all'ultimo il nullaosta del governo USA sembrava in forse, ora è certo che si incontrerà con Ola e Mike e con gli indiani di Fort Apache, che si sono uniti alla lotta per la difesa di Mount Graham.
Per quanto riguarda invece le tradizioni locali, oggi abbiamo incontrato Jida Gulpilil, il Nativo australiano conosciuto alla Melba Hall.
Jida è un rappresentante della comunità Wathaurong, una persona molto semplice con cui è facile comunicare e confrontarsi. Il padre David è un attore che ha interpretato molti film ed ha raggiunto la notorietà con "L'ultima onda" di Peter Weir in cui era il protagonista insieme a Richard Chamberlain. Ma soprattutto è uno strenuo difensore dei diritti dei Nativi australiani.
Abbiamo incontrato Jida a Geelong presso il Centro della sua comunità, il Wathaurong Centre, dove abbiamo potuto con tutta calma approfondire il nostro rapporto.
Le prospettive sono tutte molto interessanti. Il feeling che si è creato ci ha permesso di confrontare le nostre rispettive culture e di fare raffronti che hanno fatto emergere analogie davvero notevoli.
Jida ha letto il nostro libro sui Popoli naturali e data la comune visione del problema, i progetti che sono scaturiti sono tanti. Ci ha esposto l'attuale lotta per il recupero delle spoglie dei loro antenati, sparse nei musei di tutto il mondo, e ci ha chiesto di dare visibilità al loro problema.
Ma nel frattempo, come primo passo verso l'approfondimento del rapporto, abbiamo deciso di iniziare dalla musica. Il progettino è ambizioso e non ne voglio ancora parlare, non prima di avere qualcosa di concreto in mano.
Jida ci ha poi portati a visitare il cerchio di pietre dove svolgono alcune delle loro cerimonie, posto vicino al loro albero sacro. Anche qui le analogie con la tradizione druidica sono notevoli.
Ci siamo salutati con mille propositi e promesse, e con la voglia di costruire qualcosa insieme, consci e insieme sorpresi della particolarità e della "casualità" del nostro incontro.
Nel cerchio di pietre, accanto al loro Yggdrasil, con il sole tiepido del Sud Australia e il vento che ci accarezzava dolcemente, mentre Jida ci raccontava le sue tradizioni avvertivo tutta la magia che ci ha portati qui e che ci sta guidando verso percorsi ancora sconosciuti.
La giornata ha avuto anche altri risvolti interessanti. Richiami particolari verso la dimensione del mistero. Durante il tragitto verso Geelong abbiamo incontrato alcuni cerchi di pietra e un menhir isolato: segni evidenti di una cultura megalitica planetaria, presente anche in Australia.
Altro fatto non da meno, almeno per me: oggi Maya mi ha mandato un messaggio tramite un cagnolino adorabile incontrato per caso, il quale si è attaccato a me e non mi mollava più. Ma la cosa che mi ha colpito è che si muoveva esattamente come Maya, giocando nello stesso modo. Ok Maya, messaggio arrivato.
Ultimo fatto notevole: abbiamo scoperto che la casa dei Boys è abitata. Si, da un fantasma. Gli elementi ci sono tutti: colpi nei muri, ombre strane nelle foto, pile che si scaricano, oggetti che compaiono dal nulla.
I particolari dopo che avremo fatto indagini più approfondite.

=======================================================================

Melbourne, 12 ottobre 2005

"The LabGraal lost in Hanging Rock". Poteva finire così, e invece al ritorno, contandoci, c'eravamo tutti.
Dopo l'esperienza di oggi posso prendere le mie guide turistiche, anche le più rinomate, e buttarle nella spazzatura. Liquidare in poche righe un posto del genere è criminale.
Come tutto quello che succede in questo strano viaggio, anche questa esperienza è successa per "caso". Avevamo progettato di andare in un altro posto, lo stavamo cercando, quando abbiamo scoperto che proprio nei paraggi esisteva il famoso Hanging Rock.
Hanging Rock è un posto incredibile. E' un imponente complesso megalitico naturale costituito da particolari rocce vulcaniche che al di fuori di questo posto si trovano solo in Svezia e Norvegia, un grosso agglomerato di monoliti formatisi naturalmente nel corso delle ere geologiche (ma sarà poi così?) che sembra sorto dal nulla in un paesaggio che nulla ha a che fare con esso.
Il primo scopritore lo chiamò Monte Diogene. Una delle rocce, che sembra appesa a un filo e sempre sul punto di cadere, ha poi dato il nuovo nome al posto.
Il complesso ricorda Externstein nella Foresta Nera. Le grandi rocce, risultato di un processo che dura da milioni di anni, sono composte da singoli agglomerati di enormi menhir che hanno assunto forme talmente particolari da essersi meritate nomi evocativi come Stonehenge, il Vampiro, i tre Monoliti, Re Artù e così via.
Il posto, veramente imponente, è pieno di catacombe, grotte, sentieri fra le rocce.
Hanging Rock è divenuto famoso nel resto del mondo dopo il film di Peter Weir, ma qui non è particolarmente sottolineato, e questo garantisce un po' più di tranquillità al luogo rispetto al più sponsorizzato Uluru. Ma anche senza bisogno del film, il luogo ha già di suo un background di fatti misteriosi.
Il film raccontava la sparizione misteriosa di alcune collegiali durante un picnic ad Hanging Rock, ispirandosi ad libro che narrava un fatto realmente accaduto. Esiste una diatriba sulla veridicità o meno dell'episodio, ma anche se il fatto non fosse vero, il posto non perderebbe comunque il suo fascino e il suo mistero. E non si fatica ad immaginare la sparizione di qualcuno tra quegli anfratti e quei sentieri che si perdono in labirinti senza apparente via d'uscita.
Il posto emana una potenza e un'energia che lasciano sopraffatti. E gli effetti si sono manifestati anche tangibilmente: Andrea ha rischiato di perdersi davvero, Luca ha dovuto aggrapparsi ad una roccia per ritrovare il percorso dopo essersi addentrato in un sentiero che svaniva nel nulla, Vince si è inoltrato in una grotta ma ne è uscito subito perchè sentiva una forza respingente. Nadia, Roberto e Gianluca si sono sentiti svuotati di energie, effetto che si è protratto per tutto il viaggio di ritorno. Altro effetto strano: abbiamo rischiato di non avere fotografie del posto perchè le pile di tutte le nostre macchine fotografiche si sono scaricate contemporaneamente.
Ma non siamo stati i primi ad avere questi effetti: esistono testimonianze di persone che in questo sito hanno avuto effetti analoghi come ad esempio orologi e bussole che impazzivano.
Hanging Rock è un luogo sacro per i Wurundjeri, una coalizione di tribù locali. Secondo le leggende dei Nativi questa montagna ospita uno spirito che li protegge e li guida. Come per Uluru, non mi stupirei se i Nativi lo abitassero tuttora nascosti nel cuore dei grandi monoliti.
Addentrandosi tra i percorsi nelle rocce sembra di veder comparire da un momento all'altro i giganti della mitologia aborigena.
Il percorso tra le rocce imponenti è mozzafiato: grandi monoliti di tipo antropomorfo che ricordano i Moai dell'Isola di Pasqua, complessi di menhir allineati come a Carnac, grandi coppelle e soprattutto grotte e caverne che ci siamo guardati bene dal perlustrare. Non per paura, ma per rispetto verso i custodi di questo posto.
C'è un contrasto inquietante tra la potenza che si respira in mezzo ai monoliti dei Wurundjeri, dove il tempo si ferma e si ha l'impressione di essere a casa, e il parco addomesticato dalla cultura dei colonizzatori: solita area picnic, solita cafeteria, tickets, wc, etc. Chiusura del parco: 5pm. Cose già vissute negli USA, stessa cultura anglosassone, tutto come sempre, anche le corse a perdifiato lungo i sentieri in discesa alle 5 meno tre minuti e le ultime fotografie agli abitanti non umani del posto, in questo caso coloratissimi pappagalli.

=======================================================================

Melbourne, 13 ottobre 2005

La casa dei Boys è molto carina, ma ha bisogno di un po' di ordine. Per questo alla sera, quando ci troviamo a cena, cerco di stabilire delle regole e assegno ad ognuno dei compiti. Dovrebbero essere contenti, e invece l'altra sera ho sentito che Luca offriva dei soldi a Giancarlo purchè mi portasse via di lì. Che ingrati!
Sul pulmino invece i ruoli sono ben definiti: io faccio il navigatore, Gianluca fa il guidatore, tutti gli altri fanno un casino della madonna. L'importante è non ascoltare Giancarlo quando all'improvviso urla: "Fermi! abbiamo sbagliato, torniamo indietro!" Una volta, mentre andavamo a fare un concerto a Guidonia, per seguire le sue indicazioni a momenti ci trovavamo a Napoli.
I nostri viaggi in Australia con il pulmino sono costellati da grida e esclamazioni: "guarda i canguri!", "quelli sono emù!", "dove vado?", "gira a destra", "che bei cavalli!", "oh un cerchio di pietre...". Luca invece sta girando un film e fa riprese ardite con acrobazie degne di uno stuntman: viaggia con tutto il corpo fuori dal finestrino per riprendere da fuori Gianluca mentre guida, oppure lo troviamo in mezzo alla strada con la telecamera, spalmato sull'asfalto mentre sta per essere investito da un camion, o in bilico aggrappato ad una roccia, o in corsa dietro a qualche emù che lo guarda tra lo schifato e il preoccupato.
Quando giriamo per la City invece ci capita di essere riconosciuti: il concerto a Melbourne ha lasciato il segno. Essere fermati dai fans dall'altra parte del globo è piuttosto gratificante. E' successo ad esempio a Luca in piena City, nell'ora di punta. Tra centinaia di persone è stato riconosciuto come componente del LabGraal ed ha ricevuto complimenti calorosi per la nostra musica.

=======================================================================

Melbourne, 14 ottobre 2005

Mi chiedevo quando sarebbe successo e mi stupivo che non fosse ancora accaduto. Ogni volta che viaggio mi capita di vedere situazioni di non-umani in schiavitù, e questo mi provoca rabbia e impotenza, soprattutto quando è impossibile porvi rimedio. So che questo capita a tutti gli operatori di SOS Gaia con i quali ci confrontiamo quotidianamente.
Ed oggi purtroppo è successo anche qui: vedere i cavalli della City mentre con i loro buffi e umilianti copricapo portavano a spasso in carrozzella turisti insensibili, mi ha provocato autentica sofferenza. Così come l'ha provocata ai miei compagni di viaggio.
In qualsiasi posto si vada, su qualsiasi continente, la sorte dei non-umani non cambia: su questo tutti i regimi della società maggioritaria trovano un'intesa, hanno un intendimento comune. Non sono uniti nella comune ricerca della pace nel mondo, hanno visioni diverse del mondo e della società, ma sono di sicuro uniti nella comune intenzione di sfruttare i non-umani ridotti in schiavitù.
Gli occhi tristi di quei cavalli schiavi me li porto dentro inesorabilmente.
Esperienze come queste mi hanno portato a smettere da un giorno all'altro di mangiare carne. A mettere in piedi SOS Gaia per non sentirmi solo impotente.
E' all'idea di SOS Gaia che mi attacco per non perdermi in una rabbia senza via d'uscita. Sapere che in questo momento dall'altra parte del mondo altri operatori, uniti a me dalla stessa voglia di non arrendersi e di cambiare la situazione, stanno facendo cose incredibili, dedicandosi anima e corpo alla creazione di strutture confortevoli per i cani e i gatti a cui abbiamo dato rifugio, mi fa sentire meglio.
Grazie SOS Gaia People. So che siete con me, così come io sono lì con voi.

=======================================================================

Melbourne, 15 ottobre 2005

L'ho vista! Ho visto la Crux, la Southern Cross, la mitica Croce del Sud che indica il Sud celeste, riferimento e guida per tanti naviganti di questo emisfero, simbolo adottato anche dalla bandiera australiana.
E' emozionante esplorare il cielo notturno in questo mondo opposto al nostro. Vediamo costellazioni mai viste e la luna al contrario. Fa uno strano effetto.
Il cielo era limpido, e così siamo andati a cercare il buio armati di binocoli, bussole e mappe stellari su computer, e lo abbiamo trovato dalle parti di Little River, il primo paesino buio fuori Melbourne.
Non è certo difficile trovare paesaggi deserti da queste parti. La natura è sempre lì a portata di mano e ad ogni ora cambia colori e abitanti non-umani. Può capitare soprattutto di notte di incontrare presenze che si portano dietro un alone magico, come i canguri, che si svegliano di sera, o i cavalli liberi che abbiamo incontrato stasera mentre guardavamo le stelle.
Mi hanno consolato un po'(ma non tanto) per gli altri cavalli che ho visto nella City, con il pennacchio ridicolo sul capo e lo guardo triste, mentre scarrozzavano degli stupidi turisti. Non mi dimenticherò tanto facilmente quello sguardo. E come sempre in questi casi mi assale la rabbia e l'impotenza.
Questi cavalli liberi guardavano le stelle insieme a noi. Ma quanti altri esseri intelligenti e sensibili non possono alzare lo sguardo verso il cielo? Che vergogna essere umani.

=======================================================================

Melbourne, 16 ottobre 2005

Roberto e Nadia sono partiti e questo ci è sembrato il segnale che anche per noi l'esperienza qui si stesse avviando alla sua conclusione.
Ma come al solito ci sbagliavamo. Durante questo viaggio abbiamo capito che è difficile fare previsioni: i fatti vanno come vogliono loro, le cose accadono al di là di qualsiasi nostra aspettativa o programmazione. Stiamo facendo un percorso a tappe e ogni tappa ci ha svelato un volto dell'Australia. L'esperienza sconvolgente di oggi ci ha portato a contatto con il lato nascosto di questa terra ancestrale.
Avevamo progettato un giro nello Yarra Yarra State Park, ma qualcosa mi ha fato cambiare idea e optare per il vicino Bunyip State Park. Lo Yarra Yarra, molto più conosciuto, era la zona dove stavano i coloni mentre i Nativi preferivano la zona del Bunyip. Avevo letto che era un posto sacro per i Nativi e che secondo la mitologia aborigena questa foresta ospitava una creatura misteriosa, il Bunyip appunto, un essere che viveva tanto nella foresta quanto nella profondità dei laghi e dei fiumi. Mi ha fatto venire in mente Nessie, il mostro di Lochness.
I miei compagni di viaggio sono stati subito d'accordo: avevo già fatto centro con la proposta di Hanging Rock e si fidavano del mio istinto.
Non sapevamo ancora che il Bunyip per la mitologia aborigena è il Drago, un simbolo importantissimo anche per la mitologia druidica.
Il Bunyip State Park è una foresta immensa, scura, sconvolgente e ancestrale. Nonostante sia vicino a Melbourne lo scenario cambia improvvisamente e sembra di essere in un altro mondo, nel cuore dell'Africa o nelle foreste norvegesi.
Durante tutta la nostra esplorazione, siamo seguiti e tenuti d'occhio dai nativi non-umani del posto. Gli animali che abitano la foresta emettono grida e suoni stranissimi. Si avvisano da una radura all'altra, si mandano segnali forse sui nostri spostamenti, o almeno è questa l'impressione. I wallaby, perfettamente a loro agio, controllano le nostre mosse.
La prima grossa sorpresa è stato scoprire che il posto è un luogo megalitico, completamente ignorato dalle guide. Compaiono menhir un po' ovunque sul percorso. Troviamo menhir isolati, grandi e piccoli, e inoltrandoci nelle vie sterrate secondo un percorso assolutamente casuale che non sapremmo più ritrovare, ci troviamo davanti a un complesso imponente: tre grossi megaliti attaccati uno all'altro. Una struttura impressionante per dimensioni e forma.
Siamo rimasti per un po' lì a contemplare il sito, affascinati ed estasiati di ritrovare sempre lo stesso percorso, le grosse pietre che hanno sempre segnato e guidato i nostri viaggi.
Ma le sorprese erano tutt'altro che finite.
Quando abbiamo deciso di tornare verso casa, abbiamo scoperto che ci eravamo persi.
Avevamo perso completamente il senso dell'orientamento, le cartine sembravano tutte sballate, ci muovevamo con la bussola, ma anche questa sembrava sballata. Nel frattempo si stava facendo buio e i rumori della foresta erano sempre più forti.
E' stato a quel punto che alcuni di noi hanno percepito qualcosa di stranissimo. Giancarlo ha intravisto un essere enorme che sembrava seguirci, scuro, come sdraiato, acquattato. Andrea ha scorto un masso verde che non era un masso, compariva scompariva.
Convinti di essere ormai fuori di testa, e persi tra i sentieri della foresta sempre più buia, ci siamo fermati ad una radura che emetteva un richiamo irresistibile per tutti noi. E tutti noi abbiamo avuto la stessa idea: chiedere al nostro flautista di suonare qualcosa, ci sembrava proprio il posto adatto.
Le sensazioni che abbiamo avuto nel sentire il suono del flauto in quella radura, in quella foresta, sono indescrivibili. Il flauto sembrava amplificato naturalmente e il suono sembrava provenire da tutta la foresta. I nativi non-umani si sono chiamati a raccolta ed hanno accompagnato il concerto improvvisato con i versi e i suoni più strani che avessi mai sentito.
Quando ci siamo avviati verso l'auto eravamo tutti un po' sbiellati, e qui si è verificato l'ultimo fatto strano: l'auto si è chiusa da sola prima che salissimo, un po' come se non dovessimo andarcene. Nello stesso momento un verso stranissimo, forte, ancestrale, da brivido, ci ha raggiunti da dietro gli alberi. Un uccello sconosciuto? Il Bunyip? I Nativi umani che ancora abitano la foresta?
Probabilmente non lo sapremo mai, ma ci è sembrato un saluto. In quella radura ci siamo sentiti a casa, accolti benevolmente dalle presenze e dagli abitanti del posto.
L'auto si è riaperta, siamo ripartiti ed abbiamo magicamente trovato subito la via di casa.
I nostri amici nativi ci hanno poi raccontato che il Bunyip è una creatura curiosa che secondo le leggende segue di soppiatto le persone e le spia. Nel contatto con le tradizioni locali abbiamo saputo che secondo la mitologia aborigena il Bunyip, il drago, abitava questa zona e la proteggeva da chi voleva danneggiarla. La leggenda narra che anticamente una tribù che si era comportata male era stata trasformata in uomini piumati, con le piume nere e il collo lungo, che emettevano suoni strani, tra i versi di uccello e le grida umane. Come il grido che abbiamo sentito?
Apprendendo queste cose mi sono venuti i brividi. Mi sono ricordata del mio sogno, a contatto con il mondo degli uomini piumati. Mi è venuto in mente il cigno nero che mi ha contattata ad Albert Park. E altre cose...
A casa ho subito guardato le foto scattate nella foresta. Da tempo mi chiedevo per quale strana ragione qui in Australia non si manifestassero gli Orbs, i globi luminosi che compaiono sempre nelle nostre foto ovunque andiamo. Forse gli Orbs australiani sono tutti al Bunyip Park, perchè le foto della foresta ne sono piene.

=======================================================================

Melbourne, 19 ottobre 2005

Manco da casa da tanto tempo. So che molti mi seguono attraverso questo blog ed è diventato per me un impegno che cerco di rispettare per rendervi partecipi di questo viaggio. Ma è impresa ardua sintetizzare e tradurre in parole un'esperienza così ricca e densa.
Registrare un nuovo album a Melbourne con la partecipazione di un Nativo australiano è una cosa che è andata ben al di là di ogni aspettativa.
La sorpresa che ci ha fatto Roberto facendoci incontrare Jida sul palco della Melba Hall è sfociata in qualcosa che nessuno, Roberto per primo, e Jida compreso, si sarebbe mai aspettato.
Questi giorni di full immersion in studio con Jida hanno trasformato il feeling scattato da subito tra di noi in un rapporto più maturo, fatto di confronto e di curiosità reciproche sulle nostre rispettive culture.
Il confronto è basato sul nostro modo di vedere e rapportarsi all'esistenza, sul nostro rapporto con la spiritualità. Siamo andati subito al sodo saltando tutte le fasi intermedie dei normali rapporti sociali. Abbiamo iniziato dal Dreaming e ci siamo immediatamente capiti. Tutto il resto è venuto di conseguenza.
Lo"Studio 52" di Melbourne è uno studio di registrazione rinomato, molto ben attrezzato, con numerose sale e con tutti i comfort compresa la sala biliardo. Ha anche uno studio fotografico, che già che c'eravamo abbiamo noleggiato per le foto del cd.
Sono approdata allo studio con una delle mie solite entrate trionfali, cercano di aprire con la testa una porta a vetri chiusa. I miei solerti compagni hanno provveduto a dare il massimo risalto alla cosa con fragorose risate, caso mai fosse sfuggita a qualcuno.
Il fatto è che ero pensierosa e preoccupata: saremmo riusciti a riprodurre la magia della Melba Hall? Un conto è un'improvvisata che non ti aspetti, altra cosa è programmarti l'improvvisazione.
L'unica cosa che mi era chiara era il messaggio che volevo dare con questo cd. La sera prima Giancarlo aveva partorito una poesia per questo lavoro e ce l'aveva letta, lasciandoci tutti incantati. Una poesia che mi era entrata dentro profondamente e che volevo trasferire nella musica. Ma non sapevo assolutamente come.
Ma mi preoccupavo inutilmente: avrei dovuto sapere che in questo viaggio il nostro parere non conta niente. Tutto è andato esattamente come doveva andare, né più né meno.
Ho fatto leggere a Jida la poesia. Jida si è riconosciuto in pieno nei versi di Giancarlo e ha dato il suo contributo alla traduzione perché voleva che fosse chiaro il riferimento alle nostre radici comuni.
Dopo i soliti preparativi, collegamenti, microfoni, etc., abbiamo iniziato a suonare senza sapere minimamente che cosa avremmo suonato. E' stato allora che ho capito. Era "Lui" in azione, sempre "Lui", il LabGraal, l'entità cibernetica che possiede noi 5 musicisti e che ci fa fare tutto quello che Lui vuole. Per l'occasione Lui si è messo in contatto con i Nativi australiani, con i loro Antenati ancestrali, con le forze telluriche di Gaia e quant'altro. Solo così si può spiegare quello che è successo.
Il didgeridoo (lo scrivono in tanti modi, Jida lo scrive così) di Jida ha iniziato a suonare, la chitarra di Luca lo ha seguito, quindi i tamburi di Gianluca, il bouzuki di Andrea, il flauto di Giancarlo e per ultima la mia voce. Non eravamo noi che suonavamo, erano gli strumenti che suonavano da soli, voce compresa. Noi eravamo il tramite con una forza dirompente che scatenava un'armonia di suoni e sensazioni. Eravamo tutti come in trance. A conclusione di ogni pezzo ci guardavamo e ci dicevamo: ma eravamo proprio noi? E andavamo avanti, non volevamo fermarci mai.
Jida suona il didgeridoo in un modo che ti prende l'anima. Non ho mai sentito la voce dei grandi sauri ma immagino che fosse così.
Eravamo partiti dall'idea di realizzare un singolo. E' nato un intero album. Nessun brano è stato registrato due volte. Il momento più intenso è stato quando io e Jida abbiamo registrato una canzone nella sua lingua ancestrale. Una canzone che parla del Sogno e della Visione. Mentre le nostre voci si intrecciavano avevo la pelle d'oca. Io ero commossa, Jida era commosso, e così tutti gli altri compreso Trevor, il sound engineer.
Jida ci sta aprendo le porte della realtà dei Nativi australiani, in particolare di quelli del Victoria. Da queste parti c'è il luogo comune secondo cui i Nativi sono tutti nei territori del Nord, mentre qui non ce ne sono. Niente di più falso. I Popoli Naturali del Victoria esistono eccome, sono organizzati, mandano avanti la loro cultura e le loro tradizioni. Molti di loro non si distinguono dagli altri australiani: hanno la pelle bianca, come nel caso dei cugini di Jida. Molti si sono integrati nella società australiana. Ma hanno ben chiara la coscienza della loro identità. Hanno ben chiara la differenza tra Popoli naturali e grandi religioni storiche. Hanno molto chiaro il ruolo svolto dalle grandi religioni nel loro tentativo di conversione forzata che sembrava non lasciare spazio ad alternative.
La cugina di Jida ci raccontava la storia delle loro famiglie, la sua lotta per essere riconosciuta come "Nativa" dal governo australiano e il suo travagliato percorso alla conquista di questa identità. Ci raccontava i trascorsi dei Nativi in Australia, le violenze subite, ma anche la ricchezza della loro tradizione. Ci faceva assaggiare i loro piatti tradizionali, le loro erbe e le loro bacche terapeutiche (che hanno anche mandato in cimbali qualcuno di noi, senza fare nomi...)
E mentre facevamo notte a raccontarci le nostre reciproche storie di Nativi, se pur di continenti diversi, ci riconoscevamo sempre più come fratelli e ci entusiasmavamo per la nostra esperienza comune.
In questi giorni passati a lavorare al cd ci sembra di vivere in parallelo una storia, un viaggio dentro il viaggio, a contatto con le tradizioni dei Nativi australiani. Un viaggio studio in cui stiamo scoprendo tante cose sulle tradizioni locali, ma anche una conferma di cose intuite, di esperienze già vissute. In sottofondo c'è sempre la musica, la nostra musica. E ormai dicendo "nostra" comprendo anche Jida.
Con Jida i progetti sono tanti. C'è affinità di vedute, si è trovato in linea con le proposte della Ecospirituality Foundation e per questo è stato naturale che lui entrasse a far parte dello staff. E' diventato un membro del Collegio Tradizionale ed ha tutte le intenzioni di promuovere la Ecospirituality Foundation presso le comunità Native australiane.
Dopo questi giorni così intensi mi sento priva di energie e la cosa preoccupante è che sento continuamente il suono di un didgeridoo, forse sto andando fuori di testa.
Voglio concludere il racconto degli ultimi fatti salienti con un'anteprima: la poesia di Giancarlo che ha ispirato tutto il nuovo album e ci ha guidati nel realizzarlo.

DREAMING

La mia Visione
è il dono degli Antichi.

Nelle pietre,
nei fiumi,
nella distesa di terre
che vanno oltre l'orizzonte
c'è il mio respiro
c'è la mia anima
c'è il mio sangue che scorre.

Nella terra
che si perde all'orizzonte
c'è scritta la mia storia.
La storia delle antiche gesta
che hanno creato
il mio presente.
In un tempo che continua a vivere
nella Visione
dell'eterno presente.
E continuo a sognare...

=======================================================================

Melbourne, 23 ottobre 2005

Mentre si avvicina il tempo del ritorno, tutto sta vorticosamente accadendo come in un crescendo di esperienze.
Quello che abbiamo vissuto in questi ultimi giorni ci ha toccato profondamente e sono certa che ognuno di noi se lo porterà dentro per molto tempo.
I Nativi del posto ci hanno reso partecipi del loro Dreaming.
Tutto è iniziato con un invito molto particolare: gli Elders di Jida hanno invitato me e Giancarlo, accompagnati dai nostri amici, a partecipare ad una loro cerimonia privata che si sarebbe tenuta in una terra sacra dei Nativi. Si trattava di una celebrazione per il seppellimento dei loro antenati, che rappresentava il compimento di una lotta durata quattro anni per ottenere le spoglie da vari musei di tutto il mondo.
L'appuntamento era a Swan Hill, un paesino sperduto nell'estremo nord del Victoria, nell'outback, sul confine con lo Stato federale del New South Wales.
Ormai ci muoviamo compatti come una Squadra Speciale dei telefilm americani e nessun imprevisto ci trova impreparati: in pochi minuti il reparto informatica (Luca e Andrea) trovava e prenotava l'albergo, Gianluca stabiliva il percorso, Vince fissava gli appuntamenti e prenotava addirittura il ristorante, io supervisionavo, Giancarlo stabiliva orari e priorità.
Il viaggio verso Swan Hill è stato caratterizzato da un paesaggio che diventava sempre più irreale man mano che ci addentravamo nell'outback. Paesaggi sconfinati da ogni parte, un cielo che cambiava continuamente colore, nuvole scure che lasciavano filtrare un sole incandescente. Eravamo incantati e senza parole, oltre che eccitati per l'inatteso invito.
Lungo il cammino, mentre il paesaggio si faceva sempre più selvaggio, scorgevamo menhir, che ora sappiamo essere numerosi in Australia, e canguri che si rincorrevano beati nel bush.
Il simbolo di Swan Hill è un cigno nero. Mi incontro di nuovo con la figura del cigno nero che ricorre spesso in questo viaggio. Chissà che cosa vorrà dire? Swan Hill ospita il Burke & Wills Tree, il ficus più grande che esista in Australia, e che si trova proprio sotto le finestre del nostro Motel, un posticino confortevole e tranquillo, stile quelli usati da Mulder & Scully. Anche l'atmosfera è molto simile.
La sera stessa del nostro arrivo Jida ci cala nella realtà dei Nativi, atmosfera che ormai pervade interamente questa nostra ultima (e forse l'unica reale) parte del nostro viaggio. Jida ci introduce nel suo Clan. Il rapporto con loro è istintivo, non formale, ci si riconosce subito fratelli. Ci scambiamo informazioni sulle reciproche tradizioni di riferimento e ci entusiasmiamo nel constatare quanto siamo simili.
Jida è commosso per il fatto di averci incontrati. Fa un effetto strano sentirlo raccontare ai suoi la storia de Nativi europei che ha appreso da noi.
Il giorno dopo si celebra la cerimonia.
Veniamo condotti in un posto isolato. Il nostro pulmino segue un pulman pieno di Nativi e già questo ci dà un effetto irreale. Il percorso nell'outback diventa sempre più accidentato, la strada è sterrata, attraversiamo paesaggi da fiaba sempre più onirici.
Quando arriviamo ci rendiamo conto che solo noi e pochi altri loro congiunti sono di pelle bianca.
Ci accoglie in lontananza il suono del didgeridoo e scorgiamo Jida, alla guida delle danze, ed altri membri del suo Clan vestiti di foglie con il corpo dipinto di segni bianchi tribali. Non è acconciato come alla Melba Hall. E' completamente diverso. Non è rappresentazione, non è spettacolo, è il Dreaming che si rivela a noi.
Veniamo sottoposti tutti a un rito di purificazione per accedere alla loro terra sacra. Siamo in cerchio, l'Elder ci spiega la cerimonia, dopodichè tutti attraversiamo un ponte accolti da Nativi dipinti di bianco e vestiti di foglie. Guidano il corteo i loro Elders, quasi tutte donne anziane, con il manto tradizionale sulle spalle. Veniamo purificati e protetti con il fumo dell'eucaliptus bruciato.
L'Elder che guida la cerimonia, che poi conosceremo come Gary, ci invita a documentare tutto per dare visibilità all'evento. Si fida di noi, siamo i soli accreditati in tal senso, e ci spiega che hanno deciso di rendere pubblico l'evento (dopo che si è verificato) per far conoscere il loro problema.
Il recupero delle spoglie degli antenati è un'azione simbolica che fa parte di una strategia per il riconoscimento della loro tradizione e per la riconquista delle loro terre sacre. La cerimonia è organizzata da una federazione di Clan del Victoria che sta strenuamente lottando per il diritto a manifestare la propria cultura.
Nella prima parte di questo viaggio sentivo spesso dire che i Nativi erano dei fannulloni ubriaconi. O che i Nativi esistevano solo nei territori del nord. Mi chiedo chi fossero le persone che ho incontrato nel bush in quella radura. Di sicuro sono persone pragmatiche, non slegate dalle strutture della società maggioritaria, ma ben consapevoli della loro identità e per nulla rassegnate a lasciar morire le loro tradizioni.
La giornata celebrativa è proseguita con danze tribali, canti e suoni di didgeridoo, alternati a dichiarazioni da parte degli Elders, alla presenza di otto profondissime fosse scoperte che contenevano i resti degli antenati. Prima della sepoltura siamo stati inviati a fare un omaggio ai defunti ed abbiamo gettato ognuno un ramoscello di eucaliptus.
E' difficile descrivere le sensazioni. Avevo l'impressione che tutto il nostro viaggio non fosse stato altro che una preparazione a quell'incontro. La vera Australia, quella che "non esiste", si stava manifestando solo in quel momento.
Jida ha approfittato di un momento di pausa per presentarci Gary Murray, l'Elder che ha organizzato la cerimonia e che sta conducendo la battaglia per il recupero delle spoglie. Con Gary c'è stata subito intesa e voglia reciproca di collaborare per gli stessi obiettivi. Visto il suo interesse per la Ecospirituality Foundation gli abbiamo proposto di diventare membro del Collegio Tradizionale. Ha accettato subito con entusiasmo.
La sera, mentre ci attardavamo incantati ad osservare la Crux nel buio dell'outback, riflettevo che questi giorni passati all'interno del mondo dei Nativi hanno cambiato profondamente la percezione del nostro viaggio. La vera Australia è questa, è quella che non si vede, è quella che non esiste. L'Australia che non c'è. Tutto il resto è finzione, è posticcio. Possono togliere tutto ai Nativi, ma non possono togliere loro il contatto con Madre Terra. Lei è dalla loro parte, e i Nativi lo sanno.
Siamo tornati verso Melbourne dopo tre giorni passati in un posto che non c'è. Nel viaggio di ritorno avevamo la sensazione di aver sognato tutto, ma del resto eravamo nel Dreaming...
E tanto per confermare che stiamo vedendo un'Australia che non esiste, il mio solito istinto (qui acutizzato) mi ha portato a seguire un percorso alternativo che ci ha rivelato un complesso megalitico incredibile, impressionante, con pietre alte più di 20 metri. Non riuscivamo a crederci! Era quasi buio, ci torneremo domani. Il posto era recintato ma il "caso" ha voluto che proprio in quel momento passasse di lì il custode, il quale ci ha dato appuntamento per domani.
L'avventura continua...

=======================================================================

Melbourne, 24 ottobre 2005

Non avevo mai visto dei canguri scorrazzare in un luogo megalitico. Non avevo neppure mai visto un complesso megalitico così imponente e vasto. Monoliti di più di 20 mt.di altezza, filari di menhir, cromlech, grossi menhir isolati. Molti di questi avevano una grossa pietra posata alla sommità, come già avevamo visto pressochè in tutti i luoghi megalitici scoperti qui.
Da restare a bocca aperta.
Come al solito eravamo in ritardo sulla tabella di marcia, ma il nostro contatto ci aspettava paziente. Sembrava proprio tenerci molto a mostrarci il posto.
Siamo entrati dentro la parte recintata e subito si è messo a piovere a dirotto. Non fa niente, proseguiamo imperterriti. I canguri della zona giocano e sguazzano tra i menhir, perché non possiamo farlo anche noi? E anche se è già un po' buio, piove e tira un vento della madonna, nulla può diminuire lo stupore di fronte a questo sito. In Australia non ci sono megaliti? Non ci sono POCHI megaliti. Ce ne sono tantissimi, ne troviamo dappertutto, e sono eccezionali! Solo che le guide e le mappe non li citano, e la gente non sa neppure che cosa siano.
Steven, il ragazzo che ci accompagna, si entusiasma per la nostra eccitazione e ci racconta che tutta la zona è piena di megaliti. La gente del posto pensa che sia un fenomeno naturale, questo è ciò che passa l'informazione locale. Centinaia di menhir disposti a filari e a cerchi, grossi massi sulla cui sommità è posata una grossa pietra, cromlech con una pietra nel centro esatto. Fenomeno naturale? Allora siamo a contatto con un bell'X File.
Comincio a pensare che non sia un caso se siamo qui nel Victoria. Sembra che sia un posto particolarmente strategico per tanti motivi. Per l'aspetto megalitico, per il tipo di cultura tradizionale esistente qui. So già che andrò via di qui con tante domande. Chissà se arriveranno prima o poi anche le risposte?

=======================================================================

Melbourne, 25 ottobre 2005

Il giorno successivo al nostro ritorno da Swan Hill avevamo l'impressione di aver sognato tutto. Come potevamo pensare che fosse tutto vero? Che davvero fossimo entrati nel mitico mondo invisibile dei Nativi australiani? Sono state scritte centinaia di libri sull'argomento, vi sono persone che passano anni in Australia alla ricerca delle tradizioni aborigene ancora vive, ma tutt'al più trovano santoni new age o Nativi emarginati senza più coscienza di chi sono. Quello che avevamo visto doveva essere un sogno.
Ma già il mattino dopo, una telefonata di Gary ci convinceva che era tutto vero: "hi bro's, can we meet before you leave?"
Gary ci comunicava che ci aveva spedito la bozza del comunicato stampa che invierà ai giornali con la cronaca della cerimonia di sabato scorso. Sul comunicato era stata messa in risalto la presenza della Ecospiritulity Foundation: campeggiavano le nostre foto e i nostri nomi. Evidentemente Gary, Jida e gli altri hanno capito perfettamente che abbiamo intenzione di fare tutto ciò che è nelle nostre possibilità per sostenere la loro lotta. Gary ha anche chiesto a me e Giancarlo di aggiungere due nostre dichiarazioni al comunicato.
Insomma, non avevamo sognato.
Ci siamo incontrati con Gary, Jida e Jason davanti al Museo di Melbourne. La cerimonia a cui avevamo partecipato era stata una sorta di iniziazione alla loro tradizione, ora ci chiamavamo "fratelli" e ci sambiavamo saluti con segni rituali aborigeni.
Avevamo ancora tante cose da dirci prima di partire. Gary ci aveva organizzato un'intervista con una radio australiana gestita da Nativi. Io ho rilanciato con la proposta di un'intervista a Gary per la mia trasmissione su Radio Flash.
Il Museo di Melbourne rispecchia tutte le contraddizioni di questo continente. Infatti la parte dedicata agli aborigeni è, sì, angosciante come mi aspettavo, ma quello che non mi aspettavo assolutamente è che fosse una denuncia sulle violazioni ai loro diritti umani e religiosi. Questa parte di museo è gestita dalle comunità Native. Questo la dice lunga sull'organizzazione dei Nativi e sulla lotta che stanno conducendo incessantemente sul loro territorio, tanto da riuscire a strappare delle concessioni come questa e molte altre che, se pur simboliche, denotano il senso di colpa che i Nativi sono riusciti ad instillare nell'opinione pubblica e di cui il governo non può non tener conto.
Tra le altre sorprese, abbiamo scoperto che la parte aborigena è situata in mezzo ad un enorme tempio megalitico ricostruito, segno dell'importanza che i megaliti hanno in questa cultura.
La parte dedicata alle interviste è stata una sorta di happening: io intervisto te, tu intervisti me, Luca ci riprende per il suo film, Andrea registra in audio per un backup. E poi tutti fotografano tutti. Insomma un gran casino tra risate e pacche sulle spalle, tanto che tutti si fermavano a guardare.
Visto che erano presenti anche Jida e Jason, ho intervistato anche loro. Ma nonostante il casino e l'atmosfera giocosa, le interviste, tutte, hanno avuto un unico filo conduttore: l'esperienza degli Indigenous Peoples non deve morire. Le tradizioni dei Nativi hanno un forte legame comune che è dato dallo stesso modo di vedere la spiritualità. E questa esperienza deve essere difesa.
Lisa, la Nativa che ha intervistato me e Giancarlo, riusciva a fatica a contenere il suo entusiasmo per le nostre risposte, così come noi ci commuovevamo nel sentire le risposte di Gary e gli altri. Scoprire di essere fratelli vivendo dalle parti opposte del pianeta è entusiasmante e struggente.
Dopo le interviste abbiamo usato il tempo che rimaneva per confrontarci e fare progetti frenetici, ben sapendo che era una grande occasione essere ancora insieme.
Abbiamo parlato di ciò che il Dreaming rappresenta per loro e per noi. Ci siamo scambiati informazioni sui rispettivi simboli e linguaggi. Avevamo così tante cose da dirci!
Jason è anch'egli diventato un membro dello staff della Ecospirituality Foundation. Quando glielo abbiamo proposto, si è commosso. Gary ci ha chiesto di portare all'ONU una dichiarazione per esporre la loro attuale lotta, e farà avere quanto prima a me e Giancarlo una lettera di incarico per parlare a nome loro.
Con Jida il rapporto è ancora più profondo: la musica che abbiamo fatto insieme ci ha legati indissolubilmente, oltre ad averci stimolato una serie di progetti musicali. Tanto per cominciare dobbiamo lavorare a stretto contatto per l'uscita del cd (sia benedetta internet!)
Quando ci siamo salutati, la commozione era tangibile. Sapevamo che fra breve saremmo stati divisi da decine di migliaia di km. e che non si sapeva quando ci saremmo rivisti. Ma eravamo tutti certi che prima o poi sarebbe accaduto. Abbiamo regalato loro la nostra bandiera, la bandiera dei Celti delle nostre terre. L'ho consegnata a Gary, l'Elder, il quale ha dichiarato che era onorato e che l'avrebbe appesa nella sede della loro comunità, vicino alla loro bandiera. E' stato un momento molto solenne. Poi ci siamo uniti tutti in un grande abbraccio, e non ho vergogna a dire che avevamo tutti le lacrime agli occhi.
Arrivederci, fratelli. È stato bello ritrovarvi. Ci è bastato guardarci negli occhi per riconoscerci. Ci avete aperto le porte del vostro mondo invisibile: ne faremo tesoro e faremo nostra la vostra lotta.
Grazie per averci ospitato nella vostra terra sacra. Un pezzettino del mio cuore rimarrà per sempre lì con voi.

=======================================================================

Melbourne -Torino, 27 ottobre 2005

E' arrivato anche il momento della partenza. E' per me sempre piuttosto traumatico staccarmi da un posto dove ho vissuto dei bei momenti. Ma questa volta il distacco è lacerante.
Il contatto con questa terra magica mi rimarrà dentro per molto tempo. I fratelli che abbiamo scoperto di avere in Australia ci hanno insegnato ad apprezzare ancora di più quel contatto.
L'Australia appartiene a loro, loro appartengono ad essa.
Mentre scrivo dall'aereo, mi scorrono davanti agli occhi le immagini salienti di questo viaggio. Il concerto alla Melba Hall (qualche millennio fa), le battaglie di Sydney, l'incontro con Jida e la registrazione del cd, le grandi pietre di Hanging Rock, il drago del Bunyip Park, i tanti megaliti, i viaggi nell'outback, i tramonti sul mare a St. Kilda Bay, le distese di terra sconfinate, i cigni neri di Albert Park, le sere ad osservare la Crux, i viaggi sul pulmino, i momenti frenetici nella casa dei Boys a preparare cenette tra concerti e conferenze o a progettare incontri ed escursioni, i concerti improvvisati con il flauto di Giancarlo nella foresta.
Ma è soprattutto ai miei fratelli Nativi che va il mio pensiero. Li penso con un groppo alla gola e mi mancano già. Mi hanno fatto conoscere la vera Australia, l'Australia invisibile. Ci hanno aperto le porte della loro tradizione nascosta dandoci una fiducia illimitata. Ci siamo sentiti un unico popolo.
Stanno lottando incessantemente per il riconoscimento della loro tradizione, hanno ben chiara la distinzione tra Popoli naturali e società maggioritaria, tra la loro identità spirituale e quella delle grandi religioni. Non si sono mai arresi.
Ho saputo da Vince (che mi ha fatto la soffiata) che Gary e il suo Clan stavano preparando una sorpresa: volevano venire all'aeroporto a salutarci con il didgeridoo. Non hanno fatto in tempo (Gary abita a 400 km di distanza) ma è stato meglio così: sarebbe stato straziante. Ma già solo il pensiero è stato un atto d'amore che scalda il cuore.
Non riesco ancora a fare un bilancio di questo viaggio, ci vorrà del tempo. E' stata una continua sorpresa, un viaggio che ha cambiato faccia molte volte. Abbiamo tutti l'impressione di non aver fatto altro che lasciarci guidare dagli eventi. E gli eventi si sono magicamente messi in moto da soli fino ad arrivare ai fatti di questi ultimi giorni.
Ci è stata mostrata la vera Australia. Ci è stato mostrato il Dreaming. E' lo stesso Dreaming che vivono i Nativi Europei. Questa è in fondo l'unica cosa che conta.
Ci sentiamo come astronauti che hanno vissuto un'esperienza sconvolgente. Abbiamo fatto un viaggio su un altro pianeta, ora è tempo di tornare a casa.. Nessun viaggio può avere davvero un senso se non si ha sempre ben chiara la via di casa, e non intendo quella fisica.
Torniamo a casa colmi di esperienze, di vittorie, di prospettive per il nostro lavoro e per la nostra musica. E ringrazio di cuore Roberto, il nostro promoter, che ha reso possibile questo viaggio. Un grazie anche a The Interpreter, il nostro amico newyorkese Vincent, per il suo incessante contributo: con il nostro rozzo inglese certe sfumature importanti nei rapporti non le avremmo colte.
Torno nella mia terra sacra, tra la mia gente, tra i miei amati animali.
Siamo tutti figli della stessa Madre, e una volta ancora sarà proprio l'amore di Gaia ad aiutarci a colmare le distanze fisiche.
Tante battaglie ci aspettano, per i diritti dei Popoli naturali e per quelli degli schiavi del terzo millennio. E le combatteremo uniti ai nostri fratelli dall'altra parte del mondo.
Torno a casa con un miscuglio di emozioni: triste per chi ho lasciato, agguerrita per le nuove battaglie che si aggiungono, ansiosa di riabbracciare i miei cari.
E so già che ancora per molte notti sentirò in lontananza il suono di un didgeridoo...

=======================================================================



Foto di:

Vincent Lemma
Gianluca Roggero
Giancarlo Barbadoro
Rosalba Nattero