Il Canto dell'abbandono - Anna Maria Bonavoglia

8° class. Premio Internazionale di Letteratura del Fantastico "Comune di Courmayeur" sezione Fantasy edizione 1999

Premio Speciale quale Miglior Racconto Ambientato in Valle d'Aosta

Pubblicato in "Space Opera" - Ed. Fancon

Faceva troppo caldo, anche per il mese di Agosto.
Il sole implacabile splendeva nel cielo terso, arroventando le antiche pietre del centro di Aosta e rendendone umida e pesante l'aria solitamente fresca e sottile.
Le candide strutture tensioattive che spiccavano al centro della grande piazza Chanoux parevano un'oasi nel deserto: erette in occasione del 2° Festival Celtique offrivano ombra e refrigerio ai numerosi turisti accaldati e vocianti, accorsi in occasione della manifestazione che per tre giorni impegnava la città in un susseguirsi di eventi appassionanti.
- Allora figliolo, che cosa ne pensi? - Seduto ad uno dei tavolini dell'improvvisato Pub irlandese messo su per l'occasione, l'uomo robusto aveva un tono deciso e fermo. Il viso tondo e glabro era imperlato da un sottilissimo velo di sudore, mentre il suo completo di lino bianco, sicuramente molto costoso, appariva spiegazzato e umidiccio.
Il giovane seduto con lui al tavolino scosse la testa.
Nonostante l'afa indossava una maglia a maniche lunghe e dei pesanti jeans neri. Sul viso sottile e dalla pelle candida spiccava una barba corta e rossiccia, mentre i lunghissimi capelli ondulati, che un tempo dovevano essere stati egualmente rossi erano chiari, quasi biondi, spenti.
- Non so che cosa dire - disse piano - La sua è sicuramente un'offerta eccezionale, ma io...- - Eccezionale?- L'uomo batté con violenza il palmo della mano sul tavolino, facendo traballare i due boccali di birra - Miracolosa, una benedizione divina, vuoi dire. Figliolo tu non ti rendi evidentemente conto - aggiunse con un tono più conciliante - Ti sto offrendo un contratto da favola, una serie di concerti nei più grandi locali d'Italia, dei supporters d'eccezione ed una campagna pubblicitaria a livello nazionale. Mi vuoi spiegare perché diavolo siamo ancora qui a parlarne invece di essere già in viaggio per Roma, con il contratto firmato e tutta l'organizzazione in movimento? -
Si asciugò il sudore con una salvietta di carta, poi bevve una lunga sorsata dal suo boccale di birra.
Il giovane si passò la lingua sulle labbra secche, e dopo una lunga pausa, come se cercasse le parole sussurrò: - Me ne rendo conto, signor Terenzi, mi creda: è praticamente il sogno di tutta una vita, ma.... -
- Ma cosa? - urlò l'uomo - Per amor del cielo, spiegami che cosa diavolo ti impedisce di accettare la mia offerta. -
- È che si, il Rock duro mi piace ma non è il mio genere... A me piace la musica celtica, il folk, la ricerca di vecchie ballate... E poi ci sono i miei amici e se andassi via non so che cosa succederebbe al nostro gruppo e... -
L'uomo trattenne a stento una risatina di scherno, poi con un gesto stizzito si mise la mano in tasca e ne afferrò una manciata di biglietti da centomila.
- Sai cosa sono questi? Sono donne, auto, vizi, felicità: e io ti posso dare tutto questo... Il tuo folk, la tua musica celtica, il tuo gruppo cosa possono darti in cambio? Mettiti le mani in tasca, conta gli spiccioli che ci sono e poi rispondimi. ... -
Si alzò di colpo, lasciando cadere le banconote sul tavolino. Alzò lo sguardo verso il cielo: il sole cominciava a calare dietro le montagne, ma il caldo non accennava a sparire. Scosse il capo.
- Pensaci, figliolo - disse con voce piatta - poi vieni a dirmi che cosa hai deciso. Io riparto domani mattina. Vorrei tanto che tu venissi con me: in ogni caso quei soldi tienili per il disturbo. -
Il giovane rimase stranito, guardandolo allontanarsi e poi confondersi tra la folla: il mucchietto di banconote spiegazzate, abbandonato sul tavolino, sembrava un piccolo tesoro piovuto dal cielo.
Fu un istante, durante il quale mille pensieri e mille ricordi gli si affollarono nella mente: desideri nascosti, ore insonni, dolori mai sopiti. E poi la visione del suo volto sui manifesti, di un palco illuminato, di una folla con le braccia levate verso il cielo, delle sue canzoni urlate da centomila voci esultanti...
Le sue mani lentamente si tesero verso le banconote, le raccolsero una ad una e le stirarono facendole passare più e più volte tra le lunghe dita bianche. Quando furono un ordinato pacchetto, il giovane le arrotolò con cura, le infilò in tasca poi, alzandosi risolutamente si avviò verso l'albergo.

- Ecco, vedi? Vedi? E tu non mi volevi credere. Vedi che ha accettato? Dimmi te se quello che si è appena intascato non è un acconto. Che bastardo schifoso, farcela alle spalle in questo modo meschino. Ha firmato con Terenzi ed a noi non ha nemmeno detto di averlo conosciuto... E meno male che ieri a pranzo li abbiamo sentiti confabulare, altrimenti ci avrebbe fatti fessi in tutta tranquillità... -
I due uomini erano rimasti per tutto il tempo ad osservare la scena restando semi nascosti dietro una delle grandi fioriere che recintavano il centro della piazza.
La distanza aveva impedito loro di ascoltare la discussione, ma la gestualità e soprattutto il passaggio delle banconote erano risultati più che chiari.
- Dannato bastardo - proseguì fuori di sé il più alto dei due - Guarda che quello è capace di piantarci in asso prima del concerto di stasera. Ricordati quello che ti dico e poi vedi se non lo fa. -
Di altezza superiore alla media e dotato di un fisico robusto ed asciutto, il giovane dava un'istintiva sensazione di forza, che, esasperata dall'ira del momento, sembrava diventare vera e propria violenza.
- Santo Cielo, GianLuca, non credo che arriverebbe a tanto. Probabilmente c'è una spiegazione logica che noi non conosciamo e... - Il secondo dei due aveva parlato lentamente, tentando di infondere alla sua voce morbida e modulata una sicurezza che in realtà era ben lungi da provare. Nei suoi occhi azzurri, infatti, brillava una strana luce, mentre la consapevolezza che il suo migliore amico aveva appena finito di tradire un ideale e soprattutto un'amicizia di tutta una vita cominciava, inesorabilmente, a farsi strada nel suo animo.
GianLuca volse di scatto la testa, un sorrisetto feroce ad increspargli il viso squadrato, contornato da una corta barba castana.
- Si, certo piccolo Andrea, e domani Babbo Natale ci porterà le caramelle di zucchero - sibilò crudelmente - Guarda che Lux questa volta ce l'ha messa nel fracco a tutti: a te, a me ed al Gruppo. Se fosse stato in buona fede ce 1' avrebbe detto sin dall'inizio che Terenzi gli ronzava attorno.... Ma nossignore, lui crede di aver fatto il colpo grosso.. O magari temeva che qualcuno di noi potesse fargli la concorrenza... Quando tutti nell'ambiente sappiamo chi è Terenzi: probabilmente in questo momento ha bisogno di un pollastro con le caratteristiche del caro Lux per trasformarlo in una nuova marionetta musicale. Abbi fede e tra un po' di tempo ce lo vedremo in qualche teatro del centro, magari rapato a zero a fare il PostPunkettaro. - Andrea si passò nervosamente la mano tra i folti riccioli neri.
- Non ci posso credere... Lo so che magari mi sto arrampicando sugli specchi, ma guarda che non ci posso proprio credere. Non farebbe mai una cosa del genere: a noi ed a se stesso....Adora questo tipo di musica e anche questo tipo di vita... Non posso credere che rinuncerebbe a tutto per una manciata di soldi...-
La risata di GianLuca suonò forzata e cattiva.
- Si, si una manciata di soldi... Terenzi è il signore dei grandi numeri... Peccato che fare affari con lui sia proprio come vendere l'anima al diavolo... Quando non gli servirà più, quando la moda del momento sarà passata il grande Terenzi non esiterà a scaricare il nostro Lux, e lui ormai non sarà altro che un fantoccio, strafatto di droga e di alcool, che continuerà a girare su sé stesso, come un disco rotto, senza che un cane al mondo se lo fili più... - Andrea non seppe cosa rispondere: si strinse sconsolato nelle spalle poi guardando l'amico negli occhi disse: - Che cosa dobbiamo fare, secondo te? -
L'altro divenne di colpo triste, abbassò lo sguardo poi disse con voce imbarazzata: - Dobbiamo dirlo a Rosalba e G.B. Ecco, mi dispiace soprattutto per loro... Gli vogliono bene come un figlio ed un tradimento del genere proprio da parte sua sarà un colpo terribile. - - Non dovremmo aspettare? Forse ci siamo sbagliati e... -
- Andrea interruppe l'altro con voce pacata - lo so che tu e Lux siete amici da sempre... Cerca di capire... Dobbiamo prepararci al peggio... Il concerto è solo tra una manciata di ore e se quello che temiamo è vero dovremmo organizzarci, trovare qualcuno in grado di sostituirlo e... - Si interruppe di colpo, rendendosi conto dell'inutilità delle sue parole.
Andrea sospirò.
- Certo, che suoni la chitarra, la cornamusa, all'occorrenza il mio bouzouki, che canti e che conosca tutto il nostro repertorio... Roba da cinque minuti, lo troviamo dietro l'angolo... Hai ragione; dobbiamo dirlo subito agli altri - invece disse a mezza voce - ed insieme dovremo decidere il da farsi. -

La piazza continuava a riempirsi: il sole era calato e già alcuni sottilissimi refoli di vento fresco cominciavano a insinuarsi tra i capelli e i volti dei turisti e degli stessi Valdostani accorsi per riscoprire i suoni ed i colori di un popolo che per molti era ormai morto, ma che incredibilmente continuava a vivere nel cuore di tante, tante persone.
Passando sotto il palco GianLuca ed Andrea gettarono uno sguardo colmo di invidia all'indirizzo dei musicisti che in quel momento erano intenti a provare l'imminente spettacolo: erano giovani, allegri, felici... Come loro, tanti, tanti anni prima.

Il grande, antico albero che da secoli allargava le sue fronde di fronte alla Collegiata di Sant'Orso sembrava un vecchio saggio con le braccia spalancate, pronto ad offrire pace e silenzio alle anime ardenti.
A quell'ora c'erano pochi turisti: parecchi infatti, erano già partiti alla ricerca di un locale per un ristoro veloce, mentre gli altri erano in piazza ad ascoltare i primi concerti dei gruppi ospiti del Festival.
Rosalba e G.B., rispettivamente voce solista e flautista in attesa del concerto della sera erano andati a meditare proprio nei pressi del vecchio albero e fu lì che li trovarono GianLuca ed Andrea.
I due, leader indiscussi del gruppo, ascoltarono senza evidente emozione il discorso concitato dei due giovani.
-... L'abbiamo visto poco fa con Terenzi ed era più che evidente che aveva accettato la sua offerta: ha preso persino un anticipo. Per me Lux è capace di piantarci in asso stasera stessa, e chi s'è visto s'è visto...- disse GianLuca con voce rabbiosa -... ma vi dirò di più: se invece facesse finta di niente e decidesse di suonare con noi, stasera, io non accetterei. Trovatevi un altro per le percussioni perché io con lui non ci suono: per me è morto.- concluse deciso. - Tu che ne pensi, Andrea? - chiese lentamente Rosalba, fissando i suoi occhi scuri e profondi in quelli azzurri e inquieti del giovane.
- Non so. Non riesco a pensare a niente. Tutto quello che ho visto ed ho sentito sembra chiaro eppure... Non riesco a credere che Lux stia facendo una cosa simile al Gruppo. Non che non sia un suo diritto accettare l'offerta di un impresario ma... Non posso credere che lo faccia in questo modo, in segreto, e poi proprio con Terenzi... -
- Terenzi è uno squalo schifoso che passerebbe allegramente sul cadavere di sua madre, se questo gli fosse in qualche modo utile... Per lui il Festival è pericoloso: è l'espressione di una musicalità antica, non commerciale, spontanea,. È il modo per far rivivere le antiche culture, le vite degli umili e dei dimenticati... il che è esattamente il contrario di quello in cui crede lui - lo interruppe G.B con la sua voce profonda - E una manovra del genere è proprio degna del nostro amico impresario. Magari con la nemmeno troppo velata speranza di creare qualche problema all'Organizzazione del festival. È inutile illudersi: se quello che dite è vero, senza Lux non ci potrà essere il concerto, stasera, e temo che passerà parecchio tempo prima che riusciremo a rimpiazzarlo ...-
Si interruppe di colpo, con uno scatto agile nonostante la mole imponente, scese dal gradino dove era rimasto seduto fino a quel momento e si avviò turbato verso il campanile poco distante. Con un movimento fluido ed elegante anche Rosalba si alzò, sistemandosi poi distrattamente le pieghe del lungo abito nero .
- Io dico che prima di crocifiggerlo dovremmo sentire che cosa ha da dirci... Se ha deciso di lasciarci e di accettare l'offerta di quel Terenzi noi non possiamo opporci né abbiamo il diritto di dire nulla. È la sua strada e dobbiamo rispettare le sue scelte... -
Un lampo d'ira attraversò gli occhi scuri di GianLuca, ma il giovane rimase in silenzio. - Il nemico ha un aspetto meno minaccioso se lo si guarda negli occhi: per questo, secondo me sarebbe meglio trovare Lux e chiedergli senza troppi giri di parole che cosa ha intenzione di fare. Il tutto possibilmente prima del concerto di stasera - .
I suoi occhi severi e gentili si posarono sui volti dei due giovani uomini, poi, senza dire altro la donna si allontanò lentamente, con eleganza, come se il dolore di quella notizia le fosse scivolato via e non le avesse artigliato l'anima.

Di lì a poco l'ingresso all'area archeologica di Aosta sarebbe stato chiuso per la notte, ma non gli importava. Aveva bisogno di starsene con se stesso e con la sua musica, anche solo per una semplice manciata di minuti.. Doveva mettere a confronto le sue scelte con la sua anima e provarne subito gli effetti: il dolore, il dubbio, o forse solo la rassegnazione.
E poi quella sera c'era il concerto.... Con che coraggio avrebbe potuto suonare insieme a quelli che per anni erano stati la sua famiglia, sapendo di averli in un certo senso traditi? Doveva pensare... E c'era così poco tempo...
Oltrepassò velocemente la cancellata e si avviò per la discesa che conduceva all'area archeologica.
Ormai la sera stava per calare e l'aria cominciava a farsi più fresca: non si vedevano turisti, in giro, e tra le antichissime rovine regnava il silenzio.
Sorrise stancamente, si avvicinò lentamente agli imponenti resti del Teatro Romano, poi cercò uno spiazzo libero dai detriti e vi stese la piccola stuoia di paglia che aveva portato con sé. Quindi, dopo essersi seduto a gambe incrociate si accinse a meditare.
Se qualche turista ritardatario lo avesse visto probabilmente avrebbe scambiato per un matto, e magari il custode delle rovine, al momento della chiusura lo avrebbe richiamato alla realtà in malo modo, ma poco gli importava.
Il silenzio e la quiete di quelle antiche rovine erano il posto ideale per scavare dentro se stessi e per ascoltare le risonanze dell'eternità.
Chiuse gli occhi e inizio la lenta discesa verso il proprio centro, primo passo per fondersi nel Tutto, quando, repentino ed inaspettato, il dolore lo avvolse come un manto gelido.
Allarmato tentò riaprire gli occhi e di muoversi, ma era come se una forza sovrumana lo tenesse inchiodato, cieco e travolto dall'ignoto.
Era un dolore infinito fatto di lacrime e di paura, di voci straziate e di sofferenze inaudite, di carni tumefatte e sogni perduti: un fiume impetuoso di sensazioni che lo afferrò e lo condusse con sé nel suo turbinare.
Era come se mille mani lo afferrassero e lo trascinassero via, sempre più lontano, sempre più in fondo verso il cuore del dolore, della disperazione, dell'abbandono.
Provò freneticamente ad urlare, a liberarsi da quella morsa spietata, ma era come se lui stesso fosse diventato gelo e dolore.
Le voci echeggiavano nella sua mente e parevano aumentare, istante dopo istante, facendosi sempre più distinte, sempre più sconvolgenti, sempre più vere.
Vere.
Questa consapevolezza lo colpì come uno schiaffo in pieno viso e in quel preciso istante la morsa di gelo che lo aveva immobilizzato scomparve e tornò il silenzio.
Una strana pace si insinuò nella sua anima.
E quando aprì gli occhi, Lux non si stupì nel vedere che sopra di lui si apriva un cielo straniero.

Il custode dell'area archeologica saggiò con uno strattone il lucchetto che chiudeva le cancellate, annui distrattamente poi, con passo stanco, si avviò verso la Porta Pretoria dove un paio di musicisti di strada stavano esibendosi, in una sorta di festival alternativo, per un gruppetto di turisti divertiti.
- Ha chiuso... E allora dove diavolo è finito Lux, se 1i dentro non c'è? - La voce di GianLuca era incredula, e cominciava ad essere incrinata da un sottile velo di inquietudine. Andrea si voltò a guardare l'amico, gli occhi scuri spalancati ed un'espressione di assoluto sbigottimento sul viso.
- Lo abbiamo visto tutti e due venire qui dentro... E quando siamo entrati per cercarlo non c'era....Hai guardato anche tu con me in ogni buco... E non vedo che Lux conosca questo posto cosi bene da imboscarsi... -
- Che sia scappato da qualche uscita segreta? Magari ci ha visti... - borbottò GianLuca. L'altro aggrottò le sopracciglia e rispose duramente:
- Bhè, senti GianLuca, adesso piantala con questa storia. In fin dei conti Lux non ha ucciso nessuno e quello che ha fatto è un'azione perfettamente legittima. Sarà anche una porcata nei nostri confronti ed un tradimento che ci brucerà nell'anima finché vivremo, ma da qui a scappare per qualche cunicolo segreto non appena ci vede....E poi, per quel che ne sa lui noi siamo completamente all'oscuro delle sue manovre con Terenzi: non vedo perché dovrebbe preoccuparsi… - - La verità è che sono preoccupato io... - borbottò a mezza voce GianLuca, stupendosi delle sue parole - Per me gli è successo qualcosa... E sicuramente qualcosa di grave.... - Andrea sussultò, poi annuì: - Si, sono d'accordo con te, Che facciamo, chiamiamo la polizia? -
L'altro scosse il capo, pensieroso: - Da escludere. Magari ci sono un milione di spiegazioni logiche che al momento non ci vengono in mente e che davanti agli sbirri diventerebbero subito chiarissime... Proviamo a entrare ed a cercarlo... Magari ha avuto un malore... -
Andrea incrociò le braccia e squadrò a lungo l'alta figura dell'amico.
- Stai cercando di dire che dobbiamo infilarci lì dentro oltrepassando la cancellata, rischiando non solo di cadere, ma anche multe e guai di ogni genere se ci beccano? -
GianLuca intanto aveva già scalato agilmente l'alta cancellata e stava velocemente ridiscendendo dall'altra parte.
- Andrea che ci fai lì? Muoviti che se ci beccano sono fatti nostri - disse con un sussurro stizzito, cominciando a correre giù nella discesa allo scavo archeologico.
- Credo che la risposta sia qui.- borbottò tra sé e sé il giovane, cercando di arrampicarsi a sua volta lungo la vecchia cancellata, possibilmente prima che qualcuno lo vedesse e la loro avventura terminasse prima di iniziare.
Quando raggiunse il suo amico, pochi istanti dopo, era impolverato e zoppicava leggermente, mentre un'espressione truce gli induriva il viso.
- Perché diavolo ci hai messo tanto? - chiese l'altro, accovacciato su di uno degli spuntoni che dominavano l'area.
- Sono caduto, accidenti a te e a lui... -
- Si, si, me lo dici dopo. Purtroppo sta cominciando a diventare buio e dovremo fare in fretta e... Ehi, eccolo lì vicino al Teatro Romano ma... da dove è spuntato fuori? -
Andrea sobbalzò, poi volse immediatamente lo sguardo nella direzione indicata dal suo amico e lo vide.
Seduto con le gambe incrociate, Lux pareva immerso nella meditazione: indossava la sua solita maglia dalle maniche lunghe e i jeans neri... eppure c'era qualcosa di strano in lui, come se non fosse nemmeno lui...
Anzi, a guardarlo meglio non era lui...

Era quel buio incerto delle prime ore del mattino: l'alba lontana cominciava appena appena a pennellare le montagne, lasciando intravedere un cielo imbronciato, bianco, gonfio di neve. L'aria gelida azzannava le carni e attanagliava le viscere, in una morsa spietata che lasciava senza fiato.
Lux cercò bruscamente di mettersi a sedere, ma le catene che gli serravano le mani ed i piedi lo trattennero, facendolo ricadere pesantemente al suolo.
- Non ti agitare fratello, per carità... Oh, no, eccolo che arriva... Chiudi gli occhi, taci, non rispondere, non muoverti, non fare nulla.. . qualsiasi cosa succeda - sussurrò, frenetica, una voce accanto a lui.
Lux si irrigidì istintivamente, lanciando uno sguardo furtivo in quella direzione prima di chiudere gli occhi. Gli parve di scorgere un uomo vestito di pelli lacere e insanguinate, steso proprio lì accanto, raggomitolato, come se anche lui fosse legato da una catena.
Il dolore al fianco fu improvviso, lancinante e assoluto.
- E allora, bella bambina, hai fatto forse un brutto sogno? Vuoi che paparino ti tenga la mano per farti riaddormentare? -
La voce era aspra, nasale, ruvida. Era fatta di disprezzo, ironia, malvagità.
Non aveva mai sentito nulla di simile, in vita sua: per questo, nonostante l'avvertimento volle guardare.
Per sua fortuna, l'altro in quel momento stava osservando la zona intorno girando lentamente il capo coperto dall'elmo: le mani sui fianchi, il corpo eretto, l'espressione sprezzante. Lux richiuse immediatamente gli occhi: in quel momento un nuovo calcio lo colpì nel fianco e dovette lottare con tutte le sue forze per non ribellarsi.
Intorno a lui un silenzio innaturale, terrorizzato. Mortale.
L'assenza di ogni reazione da parte del prigioniero parve tranquillizzare l'uomo, che si avvolse nel suo pesante mantello rosso, e si allontanò, facendo scricchiolare l'erba congelata sotto le suole delle sue caligae.
Lux sentiva il cuore battergli freneticamente nel petto: gli era bastata una sola occhiata e lo aveva riconosciuto. Poteva essere solo uno di loro... E non era un'imitazione da film in costume o da festa mascherata.
Era assolutamente, letalmente vero. Era l'espressione vivente del suo popolo, della sua stirpe di conquistatori e razziatori.
Era il mattone con cui la sua gente aveva edificato un Impero: un legionario romano.

Se ne stava seduto tranquillamente, lasciando che le ombre della sera gli accarezzassero il viso... Andrea e GianLuca, il cuore stretto da una morsa, si precipitarono verso di lui, ma quando gli furono ben vicini si resero conto che quello che avevano temuto era la realtà. Non era Lux, ma un uomo che aveva gli stessi capelli, forse gli stessi tratti del viso, ma non era lui.
Era anziano, di un'età indefinibile eppure vigoroso; emanava un'aura al contempo di forza e di tranquillità.
- E tu, lei? insomma chi sei? Che ci fai qui? E soprattutto, dove è Lux? Questi sono i suoi vestiti e se gli hai fatto qualcosa io.... -
GianLuca stava passando rapidamente dallo stupore all'ira, mentre il terrore che al suo amico potesse essere capitato qualcosa di grave cominciava a farsi strada nel suo animo.
L'uomo aprì gli occhi: erano verdi come le foglie del bosco dei sogni e spruzzati di stelle, ogni stella un ricordo.
- ...Tu cosa, figlio mio? Il tuo compagno è ormai morto, per te. O non hai detto così non più tardi di una manciata di minuti fa? -
La sua voce era fatta vento e di profumi dimenticati, di cime innevate e di terre perdute. - Come... come lo sai .. - balbettò GianLuca intimidito, mentre il cuore cominciava a battergli forte...
- Dicci dov'è Lux, vecchio, e non chiameremo la polizia... A noi basta che ci dici dove lo hai messo... Sempre che tu non lo abbia ucciso per impossessarti dei suoi abiti... - disse d'un fiato Andrea, con durezza.
- Quello stesso Lux il cui tradimento vi brucerà nell'anima finché vivrete? -
Non c'era ironia nella sua voce, solo una pacata curiosità.
- Come fai a... l'ho detto cinque minuti fa....- esclamò Andrea, facendo istintivamente un passo indietro...
- Le parole dette restano nell'aria... ma se non c'è qualcuno che le ascolta finiscono per morire... Io ho sempre amato le parole... -
- Senti, vecchio, se stai cercando di spaventarci... - iniziò GianLuca - ... ci sei riuscito benissimo, almeno per quel che mi riguarda.... - borbottò Andrea, appoggiandosi ad un antichissimo muretto di pietra.
GianLuca voltò di scatto la testa, guardando risentito il suo compagno, e per un istante sembrò voler ribattere, poi disse:
- Mi arrendo. Chi sei? -
- Penn, o Penninus, come vuoi, figlio mio. Sono un dio ormai dimenticato . Un dio che si fece uomo per morire con la sua gente, per non sopravviverle... -
I due giovani uomini si guardarono inebetiti negli occhi: non tanto per le parole del vecchio, ma perché sapevano perfettamente che quel che aveva detto, era vero.
Andrea boccheggiò per riprendere fiato, poi disse con un filo di voce:... - Ma non eri il dio dei ... Salassi.... Salassi? Ma dove ho letto questo nome? Aspetta, al museo di Aosta... Ma non siete, non eravate... Oh, insomma, non era una popolazione celtica che abitava la Val d'Aosta, e che fu sterminata dai Romani? -

La nevicata incessante che si era abbattuta sulla zona aveva costretto i legionari del console Aulo Terenzio Varrone, ad ordinare una sosta forzata alla colonna di schiavi in marcia verso Eporedia.
Riparato alla bell'e meglio da una serie di improvvisate tettoie, il popolo dei Salassi, o forse quello che ne restava, giaceva incatenato e ferito, ormai spento per sempre, in attesa che il suo atroce destino giungesse al suo compimento.
Lux, battendo i denti dal freddo e dalla febbre si strinse addosso le rozze coperte che i suoi compagni di sventura avevano messo insieme per lui... Nonostante si fosse svegliato con addosso degli abiti fatti di pelli, il freddo insopportabile lo rendeva incapace di muoversi e quasi di parlare: per questo il popolo, a prezzo di sacrifici inauditi, aveva rinunciato ad alcune delle sue coperte...
- Ho la febbre, ma so che non sto sognando... Tra me e voi ci sono più di duemila anni di tempo... Che cosa ci faccio io qui, come ci sono arrivato... e soprattutto, perché? -
L'uomo accanto a lui, quello che lo aveva aiutato durante l'incontro con il legionario scosse la testa: i suoi lunghi capelli, un tempo neri e fluenti, erano diventati prematuramente grigi e spenti.
- Non conosco risposta a queste domande, fratello - disse con un sospiro, cercando di trovare una posizione meno dolorosa per il suo braccio che andava incancrenendosi - Posso solo dirti la nostra storia: eravamo un popolo forte e fiero, signore di queste meravigliose montagne. Un giorno arrivarono i Romani e la loro sete di conquista.
Ci siamo opposti con tutte le nostre forze alla loro invasione, per anni e anni. Alla fine dove non ha potuto la fame o la mancanza di sale, ha potuto il tradimento.
Il tradimento di Aulo Terenzio Varrone, il console romano responsabile di tutto questo. - Nonostante il gelo e la neve Lux si sporse leggermente dal suo riparo e osservò un mare sconfinato di tettoie di pelli coperto di neve, sotto cui un intero popolo moriva e marciva, in attesa di un destino peggiore della morte.
I bambini si lamentavano piano per la fame, nel loro sonno forzato, mentre i guerrieri feriti, coraggiosamente, cercavano di dimenticare il dolore del male che azzannava le loro carni, e consolavano le donne ormai distrutte.
Accampata poco distante la guarnigione dei soldati si scaldava attorno ai fuochi, mentre le guardie infreddolite battevano i piedi per impedire che gelassero.
Ritirò la testa sotto la tettoia.
- Un tradimento? - chiese con un filo di voce. L'altro annuì.
- Ci promise la pace, in cambio di un semplice tributo... E nel momento di sancire l'accordo i legionari sguainarono le spade che avevano tenuto nascoste e trucidarono i nostri migliori guerrieri, che avevano mantenuto la parola ed erano arrivati disarmati... -
Lux chinò il capo... La solita vecchia storia.
- Questo lo capisco, ma io ... che c'entro'? - chiese d'un fiato.
L'altro fece per rispondere quando il rumore degli zoccoli di un cavallo lo zittì di colpo. Gli fece cenno di tacere, poi con cautela i due sbirciarono fuori dal loro precario riparo. L'uomo era ritto sul suo cavallo candido come la neve che aveva iniziato a diradarsi. Il suo viso tondo e glabro era sormontato dall'imponente cimiero ed il corpo robusto era avvolto da un pesante mantello rosso. I suoi occhi gelidi e soddisfatti scrutavano l'accampamento, evidentemente lieti di quell'infinita miseria.
Lux riconobbe le insegne consiliari e capì che quell'uomo spietato non poteva essere altri che Varrone.
Per un brevissimo istante i loro occhi si sfiorarono ed il cuore di Lux diede un tuffo: quell'uomo era assolutamente identico a Terenzi... laggiù, in un futuro lontano...
Un frullare d'ali attirò la loro attenzione: nel cielo volava una maestosa aquila bianca: ma il suo volo era basso, troppo basso... E la lancia di Varrone troppo assetata di sangue.....
Lux fu spinto nuovamente sotto la tettoia dal suo compagno e non vide il fiero animale macchiare del suo sangue la neve bianca.
- Quell'uomo... era Varrone, vero? - chiese in un sussurro.
L'altro annuì. - E l'aquila è l'ultimo segno che attendevamo... Abbiamo poco tempo… Ascolta… Per i romani tu sei Penn, il vecchio druido, e il tuo... il suo destino sta per compiersi... -
Un brusio parve attraversare la colonna di schiavi, un brusio che lentamente, dapprima incerto e poi via via sempre più sicuro, divenne un canto...
Un inno meraviglioso che narrava di un popolo e della sua vita, di quel che era e di quello che sperava, di quello che avrebbe potuto diventare e di quello che non fu mai...

- Dio del Cielo, se tu sei qui, allora dov'è Lux?... - chiese d'un tratto, terrorizzato GianLuca.
Penn sorrise ancora.
- È con la mai gente, laggiù, sul fondo del tempo... Quando scrutai per l'ennesima volta la trama del Destino, e scorsi l'ineluttabilità dei tempi a venire, scesi tra la mia gente e divenni uno di loro, per morire con loro. Di me e del mio popolo non sarebbe rimasto non è rimasto nulla. Nemmeno un ricordo. Allora unimmo i poteri che mi restavano e la nostra disperazione, e cercammo lungo i sentieri del tempo qualcuno che fosse nostro testimone. Abbiamo composto una canzone...-

- ... è Il Canto dell'Abbandono. È l'ultima creatura del nostro popolo, e l'abbiamo creata apposta per affidarla a te. La musica della tua essenza ci ha chiamati, oltre le porte del tempo... Un dio ha accettato di morire, perché questa canzone vivesse... E con essa il nostro ricordo... Portala con te nel tuo futuro, e cantala... Noi rivivremo in essa... E saremo felici... Saremo liberi.... -
Il canto ormai era diventato quasi tangibile, una sorta di coperta di sole che copriva la misera colonna di schiavi.
Impazziti dall'ira e dalla paura i legionari correvano, armati di scudiscio, dall'uno all'altro dei Salassi che incuranti del freddo e dei colpi si erano liberati delle tettoie e cantavano. Tentarono in tutti i modi di zittire le voci, ma nulla poteva fermare il canto destinato al futuro...
- È quello stramaledetto vecchio... - urlò una voce più forte di tutte... - È di nuovo lui... cercatelo e portatemelo.... -
- È qui, console Varrone - disse una voce vicinissima e concitata.
Terrorizzato Lux vide la tettoia volare via, e due legionari dal viso sfregiato e gli occhi vuoti afferrarlo e trascinarlo via.
- Non aver paura, uomo del futuro, e ascolta, ascolta. Non dimenticare... - urlò lo schiavo suo compagno, prima di cadere trafitto dalla daga di un legionario.
Il canto era un'onda impetuosa che si allargava verso il cielo e verso il futuro.
- Per gli dei, crocifiggete quel dannato vecchio. Vediamo se avranno ancora voglia di cantare, quando il loro druido subirà il supplizio. E fate presto, prima che questo canto ci getti addosso qualche maleficio.... -
Spinto, trascinato, colpito in maniera concitata Lux scivolò più volte sulla neve e sul proprio sangue, finché non fu portato al cospetto del console romano.
Gli occhi di ghiaccio di Aulo Terenzio Varrone, o erano quelli di Terenzi ? gli si piantarono addosso, feroci e privi di pietà.
- Se riesco a tonare a casa quei soldi li brucio... altro che contratto con Terenzi - pensò irrazionalmente Lux.
Mani frenetiche lo afferrarono, gli strapparono le catene e lo scaraventarono su di una croce improvvisata.
- Console, non potremo piantare la croce, il terreno è troppo duro - urlò qualcuno . Il canto pulsava inarrestabile, ed era proprio come la vita. - Devo ascoltare, devo ricordare.... -
- Allora gettatela dal dirupo...Vedremo se avranno ancora voglia di cantare quando il loro druido si schianterà sulle rocce - urlò ancora più forte il console.
- Ascolta il Canto dell'Abbandono, non pensare ad altro... - si ripeteva Lux, battendo i denti per la paura, il dolore e il gelo.
Ecco le corde: ruvide, taglienti, che lasciano il fuoco dove passano.... Che segano la vita, i polsi le caviglie...
- Oh dio aiutami... Io ricorderò... -

Sorrideva mentre i suoi occhi vagavano, scrutando i tempi che furono e che saranno. - Che strano destino, figli miei - disse con voce dolce... Un dio dimenticato, fattosi uomo, venir torturato ed ucciso su di una croce e di lui si perderà ogni ricordo, tranne sottili fili di dolore che si dipaneranno nei millenni a venire. E che talvolta si intrecceranno con l'esistenza di qualche anima errante.
Poi un nuovo dio, fattosi uomo, verrà torturato ed ucciso sulla stessa croce, dagli stessi assassini, ma il suo non sarà lo schianto di una vecchia quercia sotto un uragano.
Il suo sarà un seme che germoglierà e darà frutti, buoni e cattivi, ma che sapranno fecondare il mondo.... -
I suoi occhi verdi come le foglie del bosco e spruzzati di stelle si posarono per l'ultima volta sui volti rigati di lacrime dei due giovani musicisti, poi sorrise ancora e lentamente, lentissimamente cominciò a svanire, a divenire immagine sbiadita, contorno immaginato, fumo... nulla.
- Noi non ti dimenticheremo - urlò con quanto fiato aveva in gola, alla notte intorno, GianLuca.
- Mai - sussurrò al suo cuore Andrea.
- Ragazzi, cosa ci fate voi qui? - chiese d'un tratto una voce.
Ed era la voce del loro caro, vecchio, stramaledetto Lux.
Lux sano e salvo, dal viso acceso e con negli occhi qualcosa di indefinibile...
- Si, ragazzi, spiegatelo anche a me: che cosa ci fate qui? - esclamò autoritaria una voce alle loro spalle.
Non ebbero il tempo di stupirsi, di parlare, di abbracciarsi o di raccontarsi. Si voltarono di colpo e lo videro.
In una mano aveva la pila, nell'altra uno sfollagente: era il custode che poco prima forse una vita prima aveva chiuso il parco archeologico.
- Ci scusi agente... Ci siamo completamente persi... Meno male che è arrivato lei perché... Sa abbiamo un concerto... - cominciarono a parlare tutti assieme, come facevano sempre quando volevano disorientare qualcuno.
Ci riuscirono anche quella volta.
Il guardiano, stranito, si lasciò stringere la mano, annuì ai ringraziamenti ed alle pacche sulla schiena e li vide letteralmente schizzare fuori dal cancello come se avessero tutti i diavoli dell'inferno alle calcagna.
Attraversarono di corsa la via deserta, come tre monelli di strada, poi si guardarono negli occhi...
Stavano per cominciare a raccontarsi, l'uno con l'altro, quello che era accaduto quando un pensiero fulmineo esplose nelle menti di tutti e tre. Guardarono automaticamente i loro orologi. - Santo Cielo, il concerto.... -
- Rosalba ci ucciderà. - urlò Lux riprendendo la corsa, stavolta verso Piazza Chanoux.
- E dopo ci ucciderà G.B. - rincarò la dose GianLuca, iniziando a correre a sua volta.
- Abbiamo solo un'ora di ritardo... Coraggio: magari ci uccideranno dopo il concerto - urlò infine Andrea, inseguendo i suoi amici.

La folla in piazza rumoreggiava: gli altoparlanti continuavano a mandare musica di ogni genere per cercare di guadagnare tempo, ma la gente che si assiepava sotto le strutture tensioattive, giunta anche da lontano per ascoltare il concerto del Gruppo, ormai aveva esaurito la pazienza. I tre musicisti arrivarono dietro al palco praticamente senza fiato.
Rosalba, pacata e tranquilla nel suo abito di scena non fece commenti: si limitò a sorridere e ad indicare loro gli strumenti che attendevano in un angolo, poi fiera e dal piglio deciso salì sul palco e si avviò verso il microfono.
- ...non sperate di averla fatta franca... Dopo il concerto, se non vi ammazza lei lo faccio io.... - sussurrò G. B. con tono mielato, avviandosi a sua volta verso il palco.
Quando finalmente ebbero preso posto, un istante prima che il silenzio calasse per dare spazio al primo pezzo strumentale, Rosalba guardò i tre giovani, e scrutò attenta i loro volti, accesi ma finalmente in pace.
- A quanto pare, ragazzi, avevo ragione; non era proprio il caso di metterlo in croce anzitempo... vero? -
Lux rabbrividì. Rivide il viso feroce di Aulo Terenzio Varrone e risentì il morso delle corde attorno ai polsi...
Poi chiuse gli occhi, fece un passo verso la luce del riflettore e aggrappandosi alla sua cornamusa diede inizio al concerto.
Si rese subito conto che non era la sua solita canzone. Il suo cuore, non la sua mente, stava comandando alle dita un nuovo accordo.
Era Il Canto dell'Abbandono.
Non l'aveva mai suonata prima, e chissà, forse qualche nota se ne sarebbe andata per conto suo...Ma le sue dita erano sicure e veloci, e il suono usciva rinato dalle canne del suo strumento ed era la voce di un popolo perduto, il canto dei suoi sogni, l'eco delle sue risate, il sottile scorrere delle sue lacrime....
Quando l'ultima nota si spense Lux riaprì gli occhi.
I suoi compagni sul palco lo guardavano stupiti, mentre la folla applaudiva frenetica.
Il giovane guardò le ombre della notte e li rivide.
I Salassi erano tutti lì e piangevano. Di gioia, perché adesso la loro canzone era rinata. E il loro ricordo con essa.
Finalmente erano liberi.

Nota:
L'Autrice per questo racconto si è ispirata alla partecipazione del Laboratorio Musicale del Graal al Festival Celtique di Aosta del 1998. L'anno dopo, il gruppo musicale ha aperto il suo concerto al Festival Celtique di Aosta con il brano per cornamusa "Farewell Lament" (il Canto dell'Abbandono) di Luca Colarelli, ispirato al racconto di Anna Maria Bonavoglia.