di Franco Vassia IL LABORATORIO MUSICALE DEL GRAAL Il Tempo della Semina
Rosalba Nattero è una donna dolcissima che sembra appena uscita dalle brume di un castello o da un lago incantato. La sua voce ha il calore delle storie narrate intorno al fuoco dei bivacchi e il colore della curiosità. Il Secondo Tempo della Semina
Per tutti coloro che hanno ancora qualche rivolo di sangue nelle vene, assistere ad un concerto di musica celtica e, nella fattispecie, al Festival Celtique (patrocinato dalla Regione Autonoma della Valle d'Aosta e dalla Presidenza del Consiglio), e' quanto di meglio si possa desiderare: due giorni di festa (5 e 6 settembre) che hanno monopolizzato e coinvolto la quotidiana e tranquilla realta' del capoluogo valdostano. Alla Ricerca del Graal F.V.:Qual'e' il segreto che ha permesso alla musica celtica di riappropriarsi delle proprie radici, delle sue storie e di tutta quella cultura che, per troppo tempo, e' stata sepolta nella polvere, mentre oggi sta diventando un fenomeno quasi di massa, arrivando a coinvolgere anche le nuove generazioni?
R.N.: Diciamo che nella musica celtica, se proprio si vuole andare al cuore del suo messaggio, c'e' un impeto ed un messaggio che non lasciano tanto indifferenti... Oggi, evidentemente, c'era bisogno anche di questo momento. C'e' il bisogno di parlare di tutta una serie di risvolti, sia sociali che quotidiani, ma anche di andare un po' piu' in la', in un discorso piu' rivolto all'anima. F.V.: La musica celtica ha anche saputo impossessarsi e riprendersi quel lato prettamente "corporale", cioe' quello legato alla danza. Per troppi anni i balli sono stati associati al disimpegno sociale: le discoteche, i sessi separati, i ragazzi di qua e le ragazze di la', il dialogo negato... Queste danze, che hanno come riferimento l'area e la cultura celtica, hanno il potere di coinvolgere le masse come e' successo durante la vostra performance...
R.N.: Questo non puo' che farci piacere, anche perche' e' una musica che si rivolge a tutti gli strati sia sociali che generazionali. I nostri concerti sono frequentati da gente di ogni tipo e di ogni eta' e si trovano legati da una esperienza comune. Noi stessi ci ritroviamo legati al pubblico in un evento che diventa esperienza fatta insieme. Non c'e' il pubblico passivo ed il musicista attivo: e' un tutt'uno che rimane, che lascia un'impronta... F.V.: Una caratteristica, ovvero, "la caratteristica" che vi separa dagli altri gruppi del settore, e' questo "impeto musicale", questo coinvolgimento globale che è una comunione di alti e di bassi, di esplosioni epiche e parti piu' intime, quasi minimaliste...Una differenza sostanziale rispetto a tutti quei gruppi che si limitano a riprodurre nude sonorita' con gelida elaborazione, ripercorrendo trame didascaliche, forse troppo ancorate alla stesura originale. R.N.: I gruppi che fanno musica celtica hanno, a mio avviso, un notevole complesso: quello di non essere irlandesi, bretoni o scozzesi. In realtà, non occorre essere irlandesi o bretoni od essere nati in particolari latitudini o longitudini... Quello che noi trasmettiamo ce l'abbiamo dentro e la musica celtica non e' un qualcosa che si deve andare a copiare da qualche parte. E' un qualcosa che esiste dentro di noi. In fondo, e' una cultura che ci appartiene, che e' passata da queste parti e che c'e' tutt'ora. E poi, non si tratta soltanto di musica celtica, si tratta proprio di andare a ricercare il messaggio di una certa cultura che e', poi, il messaggio che abbiamo dentro di noi, cioe' quella ricerca che da' spazio a quel silenzio interiore di cui tutti abbiamo bisogno. F.V.: Un personaggio molto importante che è sicuramente servito a riattivare questo interesse per la musica celtica e' stata sicuramente Loreena McKennitt. Anche in lei si possono ritrovare tutte le simbologie del viaggio, della ricerca, della conoscenza... Nei vostri album c'è scritto: "Canti tradizionali della Scozia, dell'Irlanda, della Bretagna, della Provenza, delle Asturie, del Canton Ticino, dei Paesi Baschi". Siete i depositari di una visione comune, quasi da villaggio globale e, tutto sommato, parecchio distanti dai gruppi che si limitano a snocciolare album a ripetizione e fatti in copia carbone...
R.N.: E' vero. Infatti, come hai notato, nelle nostre rassegne presentiamo musiche provenienti da tutte le
varie nazioni celtiche. Questo, in particolare, non perche' siamo fissati con il celtico, ma perche' ritroviamo
in posti diversi lo stesso tipo di messaggio ed e' quello che a noi interessa. Andare, appena un po' piu'
in la' della bandiera territoriale o geografica, a cercare un messaggio che evidentemente c'e'. Cosi' come
c'e' nel Nord Europa. Esiste anche tra popoli lontanissimi tra di loro, ma esiste. Prima parlavi di
coinvolgimento quasi fisico con il pubblico: in effetti c'e' bisogno
anche di questo. Purtroppo non siamo piu' abituati ad avere
un tipo di rapporto con gli altri. Abbiamo bisogno di un
rapporto basato non solo sull'apparire ma proprio sull'essere; sul
trasmettersi reciprocamente qualcosa, concedersi
reciprocamente... F.V.: Si puo' quindi asserire che esiste un filo conduttore che vi lega alla musica ed ai valori degli anni Sessanta. Anche allora queste tematiche erano particolarmente sentite, ed erano un contenitore di valori assoluti e appena elencati: l'aggregazione, il dialogo, l'amicizia, la stagione dell'amore. Un collante di attinenze progressive che, oltre a contenere vaste aree emozionali nel loro interno, lasciano piena liberta' all'ascoltatore nelle parti non cantate, fino a farlo diventare parte integrante del momento. Un'unione globale e carismatica fra artista e pubblico. R.N.: Certo!Il tipo di ricerca che noi facciamo e' orientato a qualcosa di piu' che non all'ambito strettamente musicale. Ci occupiamo anche di meditazione ed anche questa, per noi, e' stata una notevole impronta. Il lavoro che fa Giancarlo, con la musica per meditazione, produce degli effetti molto vicini a queste tematiche.
G.B.: Diciamo che la musica che noi facciamo, senza presunzione, e' molto viva. Non andiamo a
rispolverare delle cose per poi riproporle in maniera piu' efficace, ben fatte e ben articolate, musicalmente
parlando.
F.V.: Nonostante molteplici iniziative editoriali (New Sound, Etnica, Avalon,
Keltika, Etnica...), radio e televisione sono ancora tabu' per questo genere musicale. O,
per puro caso, qualcuno capita ai vostri concerti, oppure e' costretto a fare i
classici salti mortali per avvicinarsi alla musica e alla filosofia celtica. Abbiamo piu'
volte rimarcato il successo dei Modena City Ramblers, il gruppo che meglio ha saputo
amalgamare le sonorita' irlandesi con uno stile gucciano, quasi un combo di
import-export musicale. Per poter sviluppare una effettiva conoscenza della musica celtica, si dovrebbe iniziare con le
giuste misure e con le giuste proporzioni. G.B.: Anche perchè facciamo determinate cose... Per esempio, girando il Nord, con molta amicizia, ci facciamo ospitare da famiglie di marinai. Alla sera andiamo, chiamiamole così, nelle bettole, a cantare insieme agli altri. Impariamo molte cose, soprattutto Rosalba R.N.: Un certo spirito lo abbiamo catturato proprio là. G.B.: Oppure abbiamo partecipato, dal vivo e dall'interno, a feste bretoni, riservate alle persone del luogo e dove i turisti non vengono ammessi. Siamo andati in Arizona ed abbiamo vissuto per due settimane con i pellerossa, vivendo con loro, vivendo la loro vita un po' poco agiata ma, dall'interno, abbiamo imparato molte cose, arrivando ad incidere una cassetta con musica pellerossa, ma senza manierismo, ma soltanto per mostrare un'opera che poteva anche essere musicale, testimone di uno spirito di narrativa e di vita. R.N.: L'importante è catturare l'anima delle situazioni per cercare di riproporla secondo il proprio spirito, non facendone solamente delle fredde fotocopie.
F.V.: Nei concerti, in modo molto esauriente, siete soliti spiegare tematiche e storie che hanno dato vita ai vostri brani
musicali. Quasi tutte le vostre canzoni si riallacciano quindi alla fantasia e alle tradizioni popolari.
G.B.: E' necessario ricordare che, circa mille anni fa, l'italiano era la lingua di corte degli inglesi. L'Italia aveva un'influenza politica notevole. La nostra lingua era parlata come oggi si parla l'inglese o, come qualche tempo fa, si parlava il francese. La lingua italiana, ai tempi di Camillo Benso, Conte di Cavour, era usata nelle corti, per cui c'è stata una forte penetrazione linguistica. R.N.: Tutte le canzoni hanno un contenuto che va un po' al di la' di quello che appare. C'e' una canzone, Yarrow, che parla di una storia apparentemente banale. Poi, riflettendo, dietro questa storia che parla di una donna che era venuta dal Nord ed era contesa da nove uomini si scopre, nel suo interno, un messaggio esoterico. Si possono leggere tutte le vicissitudini di Alba ,che poi e' la Scozia, e quindi la storia di una terra con tutte le sue problematiche e delle lotte che hanno dovuto sostenere per sopravvivere. Dal mio punto di vista, moltissime ballate si sono appropriate di valenze che andavano ben al di la' di quelle banalita' verbali, a volte perfino esagerate. G.B.: Le interpretazioni si ottengono dalla gente dei vari luoghi, dei posti in cui vivono... E, in genere, quasi nulla e' inventato ma nasce dai ricordi e dalle tradizioni. F.V.: Avete in programma qualche nuovo lavoro? R.N.:Ci stiamo lavorando...E' un nuovo CD che, in questo periodo, ci prende parecchio. Perchè, come in tutte le cose, quando uno lavora ad una sua opera, la cura, la protegge. L'uscita è prevista per Natale o, altrimenti, nei primi mesi del prossimo anno. |
